L'EREDITA' DI FRANCESCO
«LA CHIESA NON È UN CASTELLO SITUATO IN ALTO CHE GUARDA IL MONDO... LA CHIESA CHE CAMMINA SARA' SEMPRE PIU' UNIVERSALE»
«Una Chiesa chiusa, spaventata, è una Chiesa morta» - ha scritto Papa Francesco nella sua autobiografia intitolata "Spera" (ed. Mondadori, Milano 2025), che doveva essere pubblicata come un lascito dopo la sua morte e che, invece - come spiega il biografo Carlo Musso – il Papa ha deciso di farla conoscere subito nell’anno giubilare dedicato alla speranza. Ed è soprattutto nell’ultimo capitolo “Io sono solo un passo” che Francesco traccia un breve profilo della Chiesa del futuro, come il suo "Testamento Spirituale". «La Chiesa deve crescere nella creatività, nella comprensione delle sfide della contemporaneità, aprirsi al dialogo, non chiudersi nel timore. Bisogna avere fiducia nello Spirito, che è il motore e la guida della Chiesa e che sempre fa chiasso. Basta pensare al racconto della Pentecoste sugli apostoli, che fu un baccano pazzesco: “Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano” (Cfr. At 2,2). Lo Spirito è il Paràclito, colui che sostiene e accompagna nel cammino, è soffio di vita, non un gas anestetizzante». E a proposito del rischio della rigidità nella Chiesa, Francesco ribadisce quello che ha rimarcato in tante occasioni: «La rigidità non è cristiana, perché nega questo movimento dello Spirito. La rigidità è settaria. La rigidità è autoreferenziale. La rigidità è un’eresia quotidiana. Confonde la Chiesa con una fortezza, un castello situato in alto che guarda il mondo e la vita con distanza e sufficienza, invece di abitarvi dentro». Papa Francesco esorta: «Dobbiamo uscire dalla rigidità, che non vuol dire cadere nel relativismo, ma andare avanti, scommettere. E dobbiamo sfuggire alla tentazione di controllare la fede, perché il Signore Gesù non va controllato, non ha bisogno né di badanti né di guardiani. Lo Spirito è libertà. E la libertà è anche rischio. La Chiesa che cammina sarà sempre più universale, e il suo futuro e la sua forza verranno anche dall’America Latina, dall’Asia, dall’India, dall’Africa, lo si vede già dalla ricchezza delle vocazioni». Francesco chiede «il coraggio di una conversione ecclesiale, non di una pavidità nostalgica». E ci tiene a precisare che è proprio con questo spirito che nel dicembre 2024 ha creato altri 21 nuovi cardinali dai diversi continenti: «Perché siano il volto sempre più autentico dell’universalità della Chiesa. E con l’intendimento che il titolo di “servo” – questo è il senso del ministero – offuschi sempre più quello di “eminenza”». Francesco mette in evidenza che «nel mondo d’oggi abbiamo bisogno di far corrispondere alla crescita delle innovazioni scientifiche e tecnologiche una sempre maggiore equità e inclusione sociale. Mentre scopriamo nuovi pianeti lontani, dobbiamo riscoprire i bisogni del fratello e della sorella che ci orbitano attorno. Solo l’educazione alla fraternità e a una solidarietà concreta può superare la “cultura dello scarto”». Il mondo d’oggi ha estremo ed urgente bisogno di speranza e «per noi cristiani il futuro ha un nome e questo nome è speranza». Papa Francesco spiega: «Avere speranza non significa essere ottimisti ingenui che ignorano il dramma del male dell’umanità. La speranza è la virtù di un cuore che non si chiude nel buio, non si ferma al passato, non vivacchia nel presente, ma sa vedere lucidamente il domani». Non c’è dubbio che l’incontro con gli altri è «un’occasione concreta per incontrare Cristo stesso. L’evangelizzazione, nel nostro tempo, sarà possibile per contagio di gioia e di speranza. Dove c’è davvero il Vangelo, non la sua ostentazione, non la sua strumentalizzazione, ma la sua presenza concreta, c’è sempre rivoluzione. Una rivoluzione nella tenerezza».