Ubi Petrus, ibi Ecclesia: "Dove c'è Pietro, lì c'è la Chiesa" (Sant'Ambrogio, Explanatio Psalmi XL, 30, 5)

lunedì 30 marzo 2020

L’INCONTRO TRA LA MISERIA E LA MISERICORDIA


SE LE PAROLE FOSSERO PIETRE!
Francesco: «Ognuno di noi ha le proprie storie. Ognuno di noi ha i propri peccati. E se non se li ricorda, pensi un po’: li troverà».

Papa Francesco, Meditazione durante la Messa a Santa Marta, 30 marzo 2020 (foto da vatican.va)
 
di Antonino Legname


«La Chiesa è santa, ma con figli peccatori», ha detto Papa Francesco nella Meditazione della Messa a Santa Marta, il 30 marzo 2020, citando una frase latina di Sant’Ambrogio: casta meretrix, che poi la tradizione ha voluto attribuire alla Chiesa «pura e prostituta». Prendendo lo spunto dalle Letture della Messa, Francesco ha messo a confronto due donne: Susanna, l’innocente accusata ingiustamente con calunnie da certi Giudici corrotti e la donna adultera e peccatrice, condannata dai Dottori della Legge, che erano ipocriti. Entrambe queste donne rischiavano la morte ed «erano umanamente disperate», si trovano nella “valle oscura” di cui parla il Salmo 22. Susanna si fidò di Dio, fu scagionata dalle accuse e le fu fatta giustizia; la donna adultera, invece, «è colpevole, svergognata davanti a tutto il popolo», perché colta in flagrante adulterio; certamente in cuor suo pregava per essere aiutata da qualcuno. E la presenza di Gesù la salvò. Mentre i corrotti che accusavano Susanna furono condannati e puniti da Dio, gli ipocriti che volevano lapidare la donna adultera furono aiutati da Gesù a convertirsi: «il primo di voi che non ha peccati, lanci la prima pietra». Fu come se quella frase avesse sollevato il coperchio della coscienza di quelli che erano presenti. Gesù sapeva scrutare le coscienze; conosceva quello che c’era nel loro cuore. L’uomo guarda l’apparenza Dio guarda il cuore. E a quel punto tutti «se ne andarono, uno per uno, incominciando dai più anziani». A questi ipocriti Gesù diede il tempo di pentirsi; i corrotti, invece, furono puniti da Dio, perché – spiega il Papa - «il corrotto è incapace di chiedere perdono … La corruzione gli ha tolto anche quella capacità che tutti abbiamo di vergognarci, di chiedere perdono. Il corrotto è sicuro, va avanti, distrugge, sfrutta la gente … Si mette al posto di Dio». Papa Francesco è ben consapevole che «ognuno di noi ha le proprie storie. Ognuno di noi ha i propri peccati. E se non se li ricorda, pensi un po’: li troverà». E aggiunge: «Ringrazia Dio se li trovi, perché se non li trovi, sei un corrotto». Non c’è dubbio che il Signore «fa giustizia», ma è anche «tanto misericordioso». E allora, dice Francesco - Non vergogniamoci di essere nella Chiesa: vergogniamoci di essere peccatori. La Chiesa è madre di tutti». Ed esorta a ringraziare Dio «di non essere corrotti», ma «di essere peccatori» fiduciosi della misericordia e del perdono di Dio. Alla donna adultera Gesù disse: «“Donna, dove sono?” Sant’Agostino osserva: “Rimasero soltanto loro due: la miseria e la misericordia”. La miseria, perché è davvero una grande miseria il peccato. Gesù non mette in dubbio la verità dell’accusa contro la donna, la quale non pensava a negare né a difendersi. Ma è bastato lo sguardo pieno di misericordia, pieno di amore, per far sentire a quella persona – forse per la prima volta – che ha una dignità, che lei non è il suo peccato, lei ha una dignità di persona; che può cambiare vita, può uscire dalle sue schiavitù e camminare in una strada nuova». “Neanche io ti condanno. Va’, e d’ora in poi non peccare più”. Gesù la lascia andare. E così il popolo impara come è la misericordia di Dio». Quel “VA” significa: ritorna a vivere, torna a sperare, ritorna nella casa del padre; riprendi la tua dignità di donna. In una occasione dell’Angelus del 13 marzo 2016, Papa Francesco aveva detto: «quanto bene ci farà avere il coraggio di far cadere a terra le pietre che abbiamo per scagliarle contro gli altri, e pensare un po’ ai nostri peccati!». La sfida è lanciata anche a noi, che spesso ci stracciamo le vesti per la pagliuzza che è nell’occhio degli altri e restiamo indifferenti alle nostre travi che sono nel nostro occhio. I tempi sono cambiati: oggi non c’è più pericolo che una donna adultera venga lapidata sulla pubblica piazza. Noi non buttiamo più le pietre contro chi sbaglia; la stessa legge civile lo vieta; ma se le parole fossero pietre! Noi buttiamo sugli altri il fango della maldicenza, della calunnia, della critica e della cattiveria. Che tante volte sono più che macigni che cercano di schiacciare il prossimo. Quella donna peccatrice ci rappresenta tutti, perché tutti siamo peccatori, in un certo senso – dice il Papa – siamo «adulteri davanti a Dio, traditori della sua fedeltà. Ma Dio non ci inchioda al nostro peccato, non ci identifica con il male che abbiamo commesso. Vuole che la nostra libertà si converta dal male al bene, e questo è possibile – è possibile! – con la sua grazia» (Angelus, 13 marzo 2016). Nessun passato è cosi nero che non possa essere riscattato, nessun delitto è cosi enorme che non possa essere lavato. Nessuna vita è cosi moralmente distrutta da non poter essere ricostruita. Ciò che è impossibile all’uomo è possibile a Dio.
Il peccato è peccato, perché è segno di un amore tradito e perduto, il pentimento è riscatto perché  segno di un amore ritrovato. Se grande fu il tuo peccato, non disperare, perché se ti penti, la misericordia sarà più grande. Un solo atto d’amore può cancellare tutto un passato di peccato; una sola lacrima di pentimento può far rifiorire il deserto della tua vita. Il pentimento accende la fede e illumina la speranza. Il pentimento è la rinascita del cuore, ricrea un cuore nuovo e tu diventi una nuova creatura, perché le cose vecchie sono passate, ne sono nate di nuove. L’esortazione di Gesù alla donna peccatrice, viene detta oggi a tutti noi che siamo peccatori: «Io non ti condanno: và e non peccare più».

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