IL POPOLO DI AGATA IN FESTA
«Dall’ammirazione
all’imitazione delle virtù eroiche della Santa Patrona di Catania»
Meditazione di Mons. Legname in Piazza Jolanda |
La
festa che celebriamo in onore di sant’Agata Vergine e Martire richiama la
nostra attenzione sui sentimenti con i quali questa fanciulla, segnata dalla
predilezione divina, affrontò il martirio restando fedele a Cristo e al suo
Vangelo. Giustamente ogni anno la nostra città di Catania vuole onorare la sua Santa Patrona con particolari festeggiamenti molto sentiti specialmente a
livello popolare. Sant’Agata gradisce certamente questi omaggi dei suoi devoti
e vorrebbe che essi fossero espressi non solamente con le manifestazioni esteriori,
molto belle, ma soprattutto con comportamenti privati e pubblici che fossero in
sintonia con le esigenze di una vita giusta ed onesta, con le norme del buon
vivere civile e con le tradizioni preziose della nostra terra. Sgorga spontaneo
dal cuore dei catanesi il senso vivo di ammirazione per la nostra Santa Patrona
che ha portato il nome di Catania e della Sicilia cristiana in tutto il mondo.
E il nostro entusiasmo è legittimo, è giusto. Ma dall’ammirazione dobbiamo
passare all’imitazione delle virtù della nostra Patrona. Forse non siamo
chiamati ad imitare Sant’Agata nel martirio cruento, nel sangue, ma siamo
chiamati tutti al martirio incruento, cioè alla testimonianza quotidiana della nostra
vita e della nostra fede. Se la testimonianza cristiana è stata sempre
difficile, lo è particolarmente in questi
nostri tempi, in un contesto in cui la fede appare sempre più fragile, a
volte demotivata, esposta alle tante sfide culturali, antropologiche e sociali.
La fede spesso è ostacolata dalla mentalità troppo materialista, troppo
edonista. C’è un relativismo imperante. La fede è spesso insidiata
dall’indifferenza religiosa, perché siamo troppo preoccupati delle cose umane e
materiali. L’uomo spesso vive ad una sola dimensione: quella materiale. Cosa
significa testimoniare la fede cristiana? Significa anzitutto vivere la fede con
coerenza, senza fratture tra il credere e l’operare, sia nella vita privata che
in quella pubblica. Perché come ci insegna la Bibbia, nella Lettera di S.
Giacomo «la fede senza le opere è morta». Testimoniare la fede significa,
inoltre, vivere il proprio credo con coraggio. Dove? Dovunque ci troviamo:
in casa, in ufficio, nel posto di lavoro, a scuola, nel divertimento. Dobbiamo
avere il coraggio di testimoniare la nostra fede cristiana, perché Gesù ci dice:
“Chi si vergognerà di me e delle mie parole, anch’io un giorno mi vergognerò di
lui davanti al Padre mio”. Se sant’Agata ha sacrificato la vita per non tradire
la fede, anche noi siamo chiamati a sacrificare qualcosa del nostro «Io» per
affermare il primato di Dio nella nostra vita e nella società. Dice il Signore:
“Chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al
Padre mio». Dove Sant’Agata ha attinto quella forza necessaria per
affrontare in maniera cruenta il sacrificio del martirio? La sua adesione a
Cristo. Come scrive san Paolo ai Galati:
«Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in
me». L’esemplarità virtuosa della testimonianza di fede e di amore di
Sant’Agata si innesta in un contesto di decadenza civile e morale. Di fronte
alle lusinghe e alle monacce del suo carnefice, Agata rese testimonianza con la
purezza del cuore e dei costumi e con il martirio della vita. La forza di Agata
non derivava dalla nobiltà d’origine, non dalla bellezza umana, ma dall’unica
vera fonte: quella forza interiore capace di trasformare la debolezza in
eroismo di testimonianza, fino al punto di dire con San Paolo: «Quando sono
debole, è allora che sono forte». E questa forza Agata l’ha ricevuta da Cristo.
Il cristiano, dunque, è colui che rende testimonianza nel mondo; che non si
limita soltanto alla vita cultuale, ma si impegna anzitutto per costruire un mondo più
giusto, per edificare la civiltà dell’amore nella pace. Non disperò Agata
di fronte ai suoi carnefici. Una giovinetta quindicenne come avrebbe potuto
resistere alle minacce, alle lusinghe, ai tormenti e alle sofferenze di ogni
genere senza tenere lo sguardo fisso su Gesù? É nella fede in Dio che Agata
trova la forza della fedeltà e della perseveranza cristiana; soprattutto nei
momenti dell’umiliazione e della tortura cui venne sottoposta.
Oh Agata, come avresti potuto sopportare la durissima
carcerazione, la solitudine, il feroce terribile scempio delle tue mammelle,
senza Gesù, tua speranza, tuo unico amore? Tenendo fisso lo sguardo su Gesù,
con la forza della tua fede e della tua carità operosa, hai gridato al mondo
intero, o Vergine Agata, il primato di Dio. Questo ci dice Agata! Nel corso dei
secoli continua a dirci: Dio al primo posto! Quando non c’è Dio si rischia il
disordine morale e il disordine civile. Come narrano gli Atti del suo martirio,
Agata, durante la tortura, invitata a desistere dalla professione della sua
fede, si opponeva al carnefice; la gioia di Agata anche nelle sofferenze;
perché queste sofferenze la preparavano al paradiso. Soffrire e piangere è
umano; soffrire in silenzio è eroico; soffrire e gioire è divino. Questa è la
logica dei Santi, che potevano dire: «è tanto il bene e la gioia che mi aspetto che ogni
pena in questa vita mi è diletto». Come Agata, anche noi siamo chiamati alla
santità. La santità non è prerogativa di alcuni privilegiati, ma è vocazione di
tutti; tutti siamo chiamati ad essere santi. Come diceva Sant’Agostino: «Si
isti et istae, cur non ego?», cioè: se loro ci sono riusciti, perché non devo
riuscire anch’io ad essere santo? Qualcuno potrebbe dire: “ma io ho un passato
di peccato, di fragilità, di cattiveria!”. Come spesso dice Papa Francesco:
«Non c’è Santo che non abbia un passato di fragilità e di peccato, e non c’è
peccatore che non abbia un futuro e un orizzonte di santità». Chiediamo alla
nostra Santa Patrona di crescere nella santità; di essere testimoni coerenti
della nostra fede; di saper coniugare il nostro essere cittadini e il nostro
essere cristiani; così da poter dire: «Cittadini cristiani; Cristiani
cittadini, “semu tutti devoti tutti, viva Sant’Agata».