Ubi Petrus, ibi Ecclesia: "Dove c'è Pietro, lì c'è la Chiesa" (Sant'Ambrogio, Explanatio Psalmi XL, 30, 5)

martedì 4 febbraio 2020

MEDITAZIONE DI MONS. ANTONINO LEGNAME IL 4 FEBBRAIO 2020 IN PIAZZA IOLANDA A CATANIA


 IL POPOLO DI  AGATA IN FESTA
«Dall’ammirazione all’imitazione delle virtù eroiche della Santa Patrona di Catania»

Meditazione di Mons. Legname in Piazza Jolanda
La festa che celebriamo in onore di sant’Agata Vergine e Martire richiama la nostra attenzione sui sentimenti con i quali questa fanciulla, segnata dalla predilezione divina, affrontò il martirio restando fedele a Cristo e al suo Vangelo. Giustamente ogni anno la nostra città di Catania vuole onorare la sua Santa Patrona con particolari festeggiamenti molto sentiti specialmente a livello popolare. Sant’Agata gradisce certamente questi omaggi dei suoi devoti e vorrebbe che essi fossero espressi non solamente con le manifestazioni esteriori, molto belle, ma soprattutto con comportamenti privati e pubblici che fossero in sintonia con le esigenze di una vita giusta ed onesta, con le norme del buon vivere civile e con le tradizioni preziose della nostra terra. Sgorga spontaneo dal cuore dei catanesi il senso vivo di ammirazione per la nostra Santa Patrona che ha portato il nome di Catania e della Sicilia cristiana in tutto il mondo. E il nostro entusiasmo è legittimo, è giusto. Ma dall’ammirazione dobbiamo passare all’imitazione delle virtù della nostra Patrona. Forse non siamo chiamati ad imitare Sant’Agata nel martirio cruento, nel sangue, ma siamo chiamati tutti al martirio incruento, cioè alla testimonianza quotidiana della nostra vita e della nostra fede. Se la testimonianza cristiana è stata sempre difficile, lo è particolarmente in questi  nostri tempi, in un contesto in cui la fede appare sempre più fragile, a volte demotivata, esposta alle tante sfide culturali, antropologiche e sociali. La fede spesso è ostacolata dalla mentalità troppo materialista, troppo edonista. C’è un relativismo imperante. La fede è spesso insidiata dall’indifferenza religiosa, perché siamo troppo preoccupati delle cose umane e materiali. L’uomo spesso vive ad una sola dimensione: quella materiale. Cosa significa testimoniare la fede cristiana? Significa anzitutto vivere la fede con coerenza, senza fratture tra il credere e l’operare, sia nella vita privata che in quella pubblica. Perché come ci insegna la Bibbia, nella Lettera di S. Giacomo «la fede senza le opere è morta». Testimoniare la fede significa, inoltre, vivere il proprio credo con coraggio. Dove? Dovunque ci troviamo: in casa, in ufficio, nel posto di lavoro, a scuola, nel divertimento. Dobbiamo avere il coraggio di testimoniare la nostra fede cristiana, perché Gesù ci dice: “Chi si vergognerà di me e delle mie parole, anch’io un giorno mi vergognerò di lui davanti al Padre mio”. Se sant’Agata ha sacrificato la vita per non tradire la fede, anche noi siamo chiamati a sacrificare qualcosa del nostro «Io» per affermare il primato di Dio nella nostra vita e nella società. Dice il Signore: “Chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio». Dove Sant’Agata ha attinto quella forza necessaria per affrontare in maniera cruenta il sacrificio del martirio? La sua adesione a Cristo. Come scrive san Paolo ai Galati: «Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me». L’esemplarità virtuosa della testimonianza di fede e di amore di Sant’Agata si innesta in un contesto di decadenza civile e morale. Di fronte alle lusinghe e alle monacce del suo carnefice, Agata rese testimonianza con la purezza del cuore e dei costumi e con il martirio della vita. La forza di Agata non derivava dalla nobiltà d’origine, non dalla bellezza umana, ma dall’unica vera fonte: quella forza interiore capace di trasformare la debolezza in eroismo di testimonianza, fino al punto di dire con San Paolo: «Quando sono debole, è allora che sono forte». E questa forza Agata l’ha ricevuta da Cristo. Il cristiano, dunque, è colui che rende testimonianza nel mondo; che non si limita soltanto alla vita cultuale, ma si impegna anzitutto per costruire un mondo più giusto, per edificare la civiltà dell’amore nella pace. Non disperò Agata di fronte ai suoi carnefici. Una giovinetta quindicenne come avrebbe potuto resistere alle minacce, alle lusinghe, ai tormenti e alle sofferenze di ogni genere senza tenere lo sguardo fisso su Gesù? É nella fede in Dio che Agata trova la forza della fedeltà e della perseveranza cristiana; soprattutto nei momenti dell’umiliazione e della tortura cui venne sottoposta.
Oh Agata, come avresti potuto sopportare la durissima carcerazione, la solitudine, il feroce terribile scempio delle tue mammelle, senza Gesù, tua speranza, tuo unico amore? Tenendo fisso lo sguardo su Gesù, con la forza della tua fede e della tua carità operosa, hai gridato al mondo intero, o Vergine Agata, il primato di Dio. Questo ci dice Agata! Nel corso dei secoli continua a dirci: Dio al primo posto! Quando non c’è Dio si rischia il disordine morale e il disordine civile. Come narrano gli Atti del suo martirio, Agata, durante la tortura, invitata a desistere dalla professione della sua fede, si opponeva al carnefice; la gioia di Agata anche nelle sofferenze; perché queste sofferenze la preparavano al paradiso. Soffrire e piangere è umano; soffrire in silenzio è eroico; soffrire e gioire è divino. Questa è la logica dei Santi, che potevano dire: «è tanto il bene e la gioia che mi aspetto che ogni pena in questa vita mi è diletto». Come Agata, anche noi siamo chiamati alla santità. La santità non è prerogativa di alcuni privilegiati, ma è vocazione di tutti; tutti siamo chiamati ad essere santi. Come diceva Sant’Agostino: «Si isti et istae, cur non ego?», cioè: se loro ci sono riusciti, perché non devo riuscire anch’io ad essere santo? Qualcuno potrebbe dire: “ma io ho un passato di peccato, di fragilità, di cattiveria!”. Come spesso dice Papa Francesco: «Non c’è Santo che non abbia un passato di fragilità e di peccato, e non c’è peccatore che non abbia un futuro e un orizzonte di santità». Chiediamo alla nostra Santa Patrona di crescere nella santità; di essere testimoni coerenti della nostra fede; di saper coniugare il nostro essere cittadini e il nostro essere cristiani; così da poter dire: «Cittadini cristiani; Cristiani cittadini, “semu tutti devoti tutti, viva Sant’Agata».

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