IL PANE È PER TUTTI
Francesco: «Se Dio è nostro Padre, come
possiamo presentarci a Lui senza prenderci per mano?».
di Antonino Legname
«Il pane che
chiediamo al Signore nella preghiera è quello stesso che un giorno ci accuserà.
Ci rimprovererà la poca abitudine a spezzarlo con chi ci è vicino, la poca
abitudine a condividerlo. Era un pane regalato per l’umanità, e invece è stato
mangiato solo da qualcuno: l’amore non può sopportare questo. Il nostro amore
non può sopportarlo; e neppure l’amore di Dio può sopportare questo egoismo di
non condividere il pane»; parole molto chiare e severe quelle che Papa
Francesco ha pronunciato nella Catechesi del mercoledì, 27 marzo 2019, in
Piazza San Pietro. In un certo senso ci dobbiamo sentire tutti sotto accusa,
perché non ci è facile condividere quello che abbiamo con chi si trova nel
bisogno. Come possiamo chiedere a Dio, “dacci il pane quotidiano!”, cioè il cibo,
l’acqua, le medicine, la casa, il lavoro, la salute, e tutto ciò che ci è
necessario per vivere, se chiudiamo il nostro cuore e le nostre mani a chi ci
chiede qualcosa per vivere. Nessuno deve sentirsi autosufficiente. Non è forse
vero che siamo tutti poveri, perché tutti abbiamo bisogno di qualcosa, non
soltanto sul piano materiale, ma anche su quello affettivo, sul piano della
salute del corpo e dello spirito? Il Pontefice mette in evidenza l’ansia e l’inquietudine
di tante madri e di tanti padri che «ancora oggi, vanno a dormire col tormento
di non avere l’indomani pane a sufficienza per i propri figli!». Francesco
ritiene che è forte l’effetto che suscita la preghiera del Padre Nostro, e in
particolare il «dacci oggi il nostro pane quotidiano», quando ci si trova nella
precarietà e manca il necessario per vivere. Troppo facile, invece, è pregare il
«Padre Nostro» nella sicurezza di un comodo appartamento e quando la tavola è
ben imbandita. Il Papa ci ricorda che la preghiera cristiana non è rifugio
intimistico e alienante ma «parte dalla realtà, dal cuore e dalla carne di
persone che vivono nel bisogno, o che condividono la condizione di chi non ha
il necessario per vivere». Dato che «il cibo non è proprietà privata» e tutti
siamo figli dello stesso Padre celeste, «come possiamo presentarci a Lui senza
prenderci per mano?» - si domanda il Vescovo di Roma. Sarebbe una grande
incoerenza ed ipocrisia, pregare il «Padre Nostro» e non credere alla «fraternità
del mondo» e non pensare «ai bambini che sono in Paesi in guerra: i bambini
affamati dello Yemen, i bambini affamati nella Siria, i bambini affamati in
tanti Paesi dove non c’è il pane, nel Sud Sudan». E chi non avesse ancora
capito che il cibo è di tutti e per tutti, il Papa spiega che esso è «provvidenza
da condividere, con la grazia di Dio». In conclusione, per i cristiani «solo
l’Eucaristia è in grado di saziare la fame di infinito e il desiderio di Dio
che anima ogni uomo, anche nella ricerca del pane quotidiano». È bene ricordare
l’insegnamento del cristianesimo delle origini a proposito della comunione e
della solidarietà che genera l’Eucaristia: «come possiamo condividere il Pane
celeste senza condividere il pane terrestre?».