PER VIVERE IL DONO DELLA VITA
NEL QUOTIDIANO IMPEGNO ALLA SOLIDARIETA’
Mons. Russotto: «La storia del mondo è un pellegrinaggio
verso la Vita, sui sentieri dell’Amore che è più forte della morte»
di Antonino Legname
«Nessuno è padrone della vita e nessuno ha la vita
in modo permanente. Siamo affidatari della vita», ha scritto Mons. Mario
Russotto, Vescovo di Caltanissetta, nel suo Messaggio di Avvento 2018, sullo
sfondo della sua recente Lettera pastorale «Venite alla festa».
Che cos’è la
vita? In un certo senso «la vita è fumo», come si legge nel libro del Qohelet;
è come «un’orma che muore nello sconfinato paesaggio dell’Universo» - scrive il
Vescovo. Ma questo austero pensiero sulla fragilità e sulla caducità della vita
umana non deve toglierci «la gioia di vivere». Mons. Russotto ripropone la
saggezza biblica che invita a contare i nostri giorni su questa terra: «il
pensiero della morte insegna a vivere senza paure la propria condizione di “creature”,
cioè di essere finiti e limitati». Dobbiamo imparare a non soccombere di fronte
all’evidenza della nostra «finitudine» e a non cedere alla paura di dover
morire. È meraviglioso pensare che «la vita è dono di Dio»; pertanto, nessuno
deve sentirsi proprietario. Perché ci è stata affidata la vita? Mons. Russotto
risponde che la vita ci è stata donata per condividerla con gli altri con
impegno e responsabilità. Fa bene il Vescovo di Caltanissetta a ricordarci che
«nessuno può essere felice da solo», isolandosi dagli altri. Questo significa
che dobbiamo imparare a dire basta alla cultura dell’egoismo e
dell’individualismo, per affermare con convinzione la «cultura della
solidarietà e della condivisione». Quando capiremo che tutti gli esseri umani
siamo un «corpo solo»! Russotto ci mette di fronte alle nostre responsabilità
di cristiani e afferma con chiarezza e senza mezzi termini che, fino a quando
«i fratelli e le sorelle in umanità stanno male, vivono disagi, ferite e
lacerazioni, noi non possiamo star bene». E le parole del Presule si fanno
ancora più severe quando scrive che non ci è lecito addossare le colpe al
mondo, per tutto il male e le ingiustizie che ci sono, quando in realtà «la
colpa è anche di noi cristiani». Perché? Russotto risponde: «perché diciamo di
credere in Dio, di conoscere l’Amore, ma di fatto non ne diamo testimonianza».
Noi cristiani a volte manchiamo di credibilità quando annunciamo il «Vangelo
della vita» senza essere «seminatori di speranza». In un certo senso siamo dei
«zoppicanti», cioè lenti nel dinamismo della testimonianza credibile e
responsabile «per costruire insieme la civiltà dell’Amore». Il progetto di Dio
per l’umanità prevede che gli uomini prendano coscienza di essere tutti
«figli»; bisogna coltivare il desiderio di vivere la vita divina e di ascoltare
la «voce di Dio». Il Pastore della Chiesa di Caltanissetta punta al cuore di
tutti i comandamenti: «scegliere la vita». Chi sceglie la vita, che è «respiro,
forza, amore, relazione, gioia, libertà», anela alla felicità. Il
pellegrinaggio terreno degli uomini è orientato verso la Vita, che è Gesù, il
Figlio di Dio che si è incarnato per farci dono, in abbondanza, della «Vita
definitiva ed eterna». Non dobbiamo mai dimenticare che la vera «Vita è come
l’Amore», che richiede di essere «vissuto e donato in eccesso». È questo il
senso del Natale, un «inno alla Vita». La nascita del Bambino Gesù è un
annuncio di gioia perché ci svela il vero senso della Vita. L’incarnazione del
Dio-Bambino fa da cerniera tra la storia passata e quella futura. «Natale
diviene così punto di congiunzione tra passato e futuro, atomo vivificatore
grazie al quale esistenze disgregate possono ritrovarsi per esplodere nella
gioia della comunione». La conclusione del Messaggio di Avvento di Mons. Russotto
è un invito ad ognuno di noi a non essere atomo disgregato dagli altri, ma forza
di Vita che esplode, come un vulcano, nella gioia della comunione fraterna.
Ecco il senso del Natale: Dio, che è Vita, viene «incontro all’enigma delle
nostre tenebre».