Ubi Petrus, ibi Ecclesia: "Dove c'è Pietro, lì c'è la Chiesa" (Sant'Ambrogio, Explanatio Psalmi XL, 30, 5)

venerdì 9 novembre 2018

Dopo la tragedia di Casteldaccia, il Vescovo di Cefalù s'interroga e offre la Sua riflessione sulla responsabilità di tutti nella cura della nostra «Casa comune»


LA RISPOSTA SOFFIA NEL VENTO 
Mons. Giuseppe Marciante: «Saltiamo insieme il pungente e arrugginito filo spinato del ritardo della burocrazia»  

S.E.R. Mons. Giuseppe Marciante, Vescovo di Cefalù


di Antonino Legname

«Autunno del 2018. Mi trovo a Cefalù. Sul mio telefonino trovo un link: strage a Casteldaccia, nove vittime, due bambini. Attivo una ricerca. Si parla di un’ondata di maltempo che colpisce la Sicilia.  Il bilancio è tragico: dodici vittime. Una villa è travolta dal fango. Continuo a leggere altri titoli. Si è scatenato l’inferno in pochissimo tempo. Non c’è stato il tempo per salvarsi. E’ stata aperta un’inchiesta. Al momento il fascicolo è contro ignoti e senza ipotesi di reato.  Durante l’intera giornata il mio ricordo nella preghiera vuole raggiungere i familiari delle vittime». È questo il breve e commosso resoconto che il Vescovo di Cefalù, Mons. Giuseppe Marciante, delegato della Conferenza Episcopale Siciliana per i Problemi Sociali, del Lavoro, Giustizia e  Pace e Salvaguardia del Creato, ha voluto affidare, il 7 novembre 2018, alla comune riflessione, attraverso il sito ufficiale della CESi. Il Presule annota che disgrazie di questo genere non sono nuove nel territorio italiano, e ricorda con dolore che nell’autunno del 2009, mentre si trovava a Roma, apprese dalla radio che a Giampilieri e a Scaletta Zanclea, a causa di un «diluvio di fango», erano morte 37 persone. Anche allora – dice Marciante - «si gridò ad alta voce che questa ennesima tragedia, figlia dell’incuria e del mancato rispetto delle norme, poteva essere evitata». Era troppo evidente che la colpa non è sempre della natura, e che le responsabilità erano terrene, e, pertanto, bisognava identificare i colpevoli. Tragedie che certamente si potevano evitare. Purtroppo, «negli anni a seguire – lamenta Marciante - non sono mancati altri simili eventi disastrosi», ma nello stesso tempo bisogna riconoscere che, in ogni tragedia, segnata da tanto dolore e lacrime, c’è sempre stata tanta solidarietà e una lodevole e commovente «rete di aiuti e di soccorsi».
A questo punto, Mons. Marciante non può fare a meno di rileggere e di riproporre all’attenzione di tutti le parole profetiche di Papa Francesco, nella Lettera Enciclica Laudato Si’, sulla cura della «Casa comune», che è la nostra Terra: “Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori autorizzati a saccheggiarla” (n. 2). Tutti siamo responsabili della Terra; tutti siamo chiamati a non maltrattare il nostro meraviglioso Pianeta; tutti dobbiamo evitare di stravolgere e di distruggere l’ambiente. A volte, come singole persone, non ci rendiamo conto che i nostri «piccoli danni ecologici» contribuiscono a causare le grandi tragedie. Il Presule, senza giri di parole, mette il dito nella piaga dell’abusivismo edilizio che devasta e deturpa il nostro territorio: «Non si contano gli edifici, le ville e le villette costruite in aree franose  o nei letti dei torrenti le cui fognature scaricano anche sui fiumi. Quando si parla di Sicilia viene in mente il dramma della cementazione selvaggia. Si parla di un abusivismo edilizio che sfiora il 49%». Quello descritto da Marciante è un quadro realistico molto triste e pericoloso, che deve responsabilizzare tutti con urgenza, anche attivando campagne di informazione, di sensibilizzazione e di formazione alla cura e alla salvaguardia dell’ambiente. Quando capiremo che la sicurezza delle nostre vite dipende anche da una sana ecologia ambientale! «Tanti cittadini ne sono purtroppo incoscienti – constata il Vescovo - c’è una sorta di cecità che va curata sui pericoli che incombono sulle nostre vite». E nello stesso tempo dobbiamo tutti domandarci: «quanti morti, quante altre vittime, quante altre tragedie annunciate o da evitare, dovranno ancora accadere prima che si comprenda che la prima opera pubblica che è necessaria alla Sicilia e a tutta l’Italia è la messa in sicurezza del territorio?». Mons. Marciante avverte amaramente che nella nostra Sicilia e in tutto il Mezzogiorno, «quasi sempre» ogni opera resta impantanata per tanti anni dentro una «paludosa e lenta pratica burocratica». Quanti ritardi complici nell’iter burocratico, che spesso si trasforma in un «pungente e arrugginito filo spinato». E con forza e determinazione il Vescovo di Cefalù ribadisce: «nei nostri paesi la lentezza è la cifra che vedo dovunque presente». E il consiglio che Presule offre a tutti, in particolare agli Amministratori della “cosa pubblica” è questo: «riprendiamo tra le mani le relazioni geologiche che ci descrivono le situazioni del nostro territorio; le mappature che ci indicano le zone a rischio idraulico di esondazione; i cambiamenti climatici impongono nuove e aggiornate strategie di pianificazione legate alle caratteristiche geomorfologiche dei nostri territori che spesso sono geologicamente fragili oltre che segnati dall’abusivismo edilizio. Pensiamo anche ai terribili disagi che vive il nostro territorio per la situazione precaria della rete viaria, ai nostri comuni delle Madonie spesso in situazioni di quasi isolamento». Il miglioramento e il ripristino della rete viaria nel nostro territorio è un’urgenza prioritaria. Non si può più tollerare che una «bomba d’acqua» improvvisa possa trasformare «un ruscello in “un oceano”». Marciante chiede a tutti di non dimenticare che «un crimine contro la natura non è solo un peccato contro Dio, ma è un crimine contro noi stessi». Questo significa che un po’ tutti dovremmo «identificarci tra i colpevoli di queste stragi. Non lasciamoci anche noi inghiottire dal fangoso scorrere del tempo». E citando una famosa canzone degli anni sessanta di Bob Dylan, dove si parla di violenze e di stragi che uccidono l’uomo, «The answer, my friend, is blowin' in the wind» «la risposta, amico mio, soffia nel vento», Marciante conclude: «Io invito me stesso e tutti a riprendere tra le mani il Cantico delle creature di San Francesco; continua a insegnarci che: “la terra ne sustenta et governa”.  “La terra, ci ricorda Papa Francesco in Laudato Si’, è come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia”. Ritorniamo come figli tra le sue braccia».

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