ABBRACCIARE
I CONFLITTI SENZA PAURA
Francesco: «Non abbiate paura della santità e passate la vostra vita per la
vostra gente» Papa Francesco nella Sala Clementina in Vaticano riceve in udienza il Pontificio Collegio Pìo Latino Americano |
di Antonino Legname
Oggi, uno dei fenomeni che colpisce con forza il
nostro mondo è la «frammentazione culturale, la polarizzazione del contesto
sociale e la perdita delle radici», ha detto Papa Francesco, nel Discorso durante l'incontro con il
Pontificio Collegio Pìo Latino Americano, in Vaticano il 15 novembre 2018. Il
Pontefice ha messo in guardia dal fomentare discorsi che dividono e alimentano
odio verso coloro che non sono considerati «dei nostri». Bisogna stare molto
attenti, anche nella Chiesa, ad importare modelli culturali che hanno «poco o
niente a che vedere con la nostra storia e identità e che «finiscono per
sradicare le nostre culture dalle loro tradizioni più ricche e
autoctone». C’è il rischio che le nuove generazioni siano sempre più
«sradicate e frammentate» - ha detto Francesco – evidenziando che anche «nella
Chiesa si soffre l’invasione delle colonizzazioni ideologiche» con il pericolo
di lasciarsi disorientare da questa o dall’altra «polarizzazione». Come si può
contrastare questo disfacimento antropologico? Francesco ritiene che questo
straripamento cultuale si possa arginare solo creando forti «legami e alleanze
di amicizia e fraternità». Il mondo d’oggi ha urgente bisogno di «artigiani
della relazione e della comunione». E i sacerdoti, su questo fronte dei
rapporti umani, possono fare molto, evitando, però, il «rischio di bruciarsi, di
isolarsi o di raccogliere per se stessi». Un sacerdote deve sentirsi parte
della comunità presbiterale; deve coltivare il senso dell’appartenenza ad un
popolo e deve lavorare «gomito a gomito» con gli altri per non disperdersi e
per non indebolirsi. Occorre impegnarsi per evitare la tentazione di dar vita
ad un «puro gnosticismo rielaborato», dove c’è «un Dio senza Cristo, un Cristo
senza Chiesa e una Chiesa senza Popolo». Non c’è dubbio che la missione dei
Pastori della Chiesa sia «passione per Gesù» – ha detto il Vescovo di Roma – ma
nello stesso tempo è anche «passione per il popolo», «passione per la vita» e
per le sorti dei nostri popoli, specialmente dei più poveri, sofferenti,
bisognosi. Bisogna imparare a «gioire con chi è felice, a piangere con chi piange
e ad offrire ogni Eucaristia per tutti i volti che ci sono stati
affidati». Francesco esorta: «non abbiate paura della santità e passate la
vostra vita per la vostra gente». E ancora una volta, il Papa mette il
dito nella piaga del «clericalismo», ed invita a chiedere con fiducia a Maria,
nostra Madre, «di indicarci la via, di liberarci dalla perversione del
clericalismo, di farci ogni giorno più “pastori della gente”, e di non permetterci
di diventare “chierici di Stato”». Infine, ricordando una delle caratteristiche
distintive del carisma della Compagnia di Gesù, che «è quella di cercare di
armonizzare le contraddizioni senza cadere nel riduzionismo», Francesco ha
detto che sant’Ignazio, quando pensava ai gesuiti, li voleva «uomini di
contemplazione e di azione, uomini di discernimento e di obbedienza», uomini
capaci di «insegnare ad abbracciare i problemi e i conflitti senza paura; a
gestire il dissenso e i confronti», ad aiutare a «scoprire l’arte e il gusto
del discernimento», e anche ad «insegnare a prendersi cura dei piccoli, ad abbracciare
i poveri, i malati e ad assumere la concretezza della vita quotidiana».