LA CROCE DEL DUBBIO
Francesco: «Nella Messa ci vuole festa, ci vuole
musica, ci vuole preghiera, ci vuole silenzio»
di Antonino Legname
«Il dubbio è una croce, ma feconda. Io non ho
fiducia nelle persone che non dubitano mai», ha detto Papa Francesco ai
Seminaristi della Lombardia, ricevuti in Udienza il 16 ottobre 2018. È vero che
«il dubbio ci mette in crisi» - ha evidenziato il Papa – ma «è una ricchezza».
Ovviamente, Francesco sta parlando del dubbio “normale”, - come lo chiama Lui -
di quel dubbio salutare e stimolante, e non del dubbio che diventa scrupolo. Il
dubbio può far soffrire, e può diventare una croce; ma «ti avvicina a Gesù e ti
mette in crisi». In fondo il dubbio – spiega il Papa - «è un invito a cercare
la verità, a cercare l’incontro con Gesù Cristo». Ai futuri sacerdoti, il Papa
ha chiesto di formarsi bene per essere «preti del popolo di Dio, cioè pastori
di popoli, pastore della gente, e non “chierici di Stato”». Ancora una volta il
Pontefice lancia il suo anatema contro il «clericalismo» che è una vera
«perversione della Chiesa». E senza mezzi termini il Vescovo di Roma avverte:
«quando si vede un giovane prete tutto centrato su sé stesso, che pensa a fare
carriera, questo è più dalla parte dei farisei e sadducei che dalla parte di
Gesù». Dopo aver parlato delle quattro colonne della formazione dei futuri
sacerdoti [studio, preghiera, attività pastorale e vita comunitaria], il Papa
ha messo l’accento sulla virtù dell’umiltà che deve caratterizzare la vita del
sacerdote, il quale mai deve dimenticare le sue origini e quelle della sua
vocazione e soprattutto deve ricordare che tutto quello che ha ricevuto è solo
dono e grazia di Dio. E allora «non gonfiarti di vanità, di superbia, di
autosufficienza» - ammonisce il Papa. Anche sull’Omelia, Francesco ha voluto
ribadire che non dovrebbe durare più di otto minuti e che deve essere ben
preparata. In che modo? Il Papa consiglia: «con un’idea chiara, un sentimento
chiaro e un’immagine chiara». E a chi pensa che la celebrazione della Messa sia
solo fare festa e fare rumore, il Vescovo di Roma lancia un monito: «ci vuole
festa, ci vuole musica, ci vuole preghiera, ci vuole silenzio». E in ogni caso
occorre evitare che la celebrazione dell’Eucaristia diventi solo una specie di
«usanza sociale» per riempire alcuni eventi e tappe della vita. Anche il Papa
ammette che «oggi la celebrazione eucaristica è in crisi», nonostante i buoni
passi che si sono fatti. Ed esorta: «Tu non puoi andare a celebrare
l’Eucaristia di fretta, “toccata e fuga”». Un altro tema delicato che il
Pontefice ha voluto toccare è quello dello «scandalo», e in modo specifico «lo
scandalo del prete al popolo di Dio». Ci sono scandali che il popolo di Dio non
perdona al prete, specialmente quando «maltratta la gente» o è «attaccato ai soldi». E a proposito dei
criteri di discernimento per capire se un giovane è chiamato a fare il prete,
Papa Francesco ritiene che la «rigidità» mentale che porta al clericalismo è un
segno sicuro per dire che quel giovane non è adatto a fare il prete: «Oggi la
rigidità è un impedimento all’ordinazione». E l’altro criterio sicuro per
impedire a qualcuno di essere ordinato sacerdote è la mancanza di umorismo: «Se
vedi un altro che prende tutte le cose sul serio e non ha il senso
dell’umorismo, mandalo a lavorare al circo per un po’!, poi quando torna, dopo
due anni, vedremo come vanno le cose». Per essere buoni Pastori nella Chiesa
occorre una buona dose di umorismo per non diventare rigidi. Perché – come dice
Francesco - «Dietro ogni rigidità ci sono brutti problemi». E infine, è bene
guardarsi dai cosiddetti «arrampicatori» ecclesiastici. Se c’è un seminarista
che manifesta segni evidenti di «carrierismo» bisogna correggerlo altrimenti,
se ordinato prete, farà tanto male alla Chiesa. Papa Francesco racconta di aver
sentito dire da un vescovo di esperienza: “L’arrampicatore vuole il massimo, ma
se tu gli offri la diocesi più piccola, la prenderà, perché fa un passo in
avanti: adesso è vescovo. Ma invece di guidare la diocesi, guarderà l’altra,
quella del vicino e – diceva quel vescovo – questo è adulterio episcopale:
guardare la sposa dell’altro».