«L’INDAFFARATISMO»
DEGLI «INDAFFARATISTI»
Papa
Francesco: «Contemplazione e servizio:
questa è la strada nostra della vita»
Opera di Giorgio Vasari: Gesù in casa di Marta e Maria |
di
Antonino Legname
Papa Francesco di
tanto in tanto crea dei neologismi. Nella Meditazione della Messa a Santa Marta,
il 9 ottobre 2018, ha
coniato le parole «indaffaratismo» e «indaffaratisti» per dire che si può
essere cultori della religione dell’attivismo, cioè del fare e del troppo fare,
senza trovare il tempo per fermarsi e per entrare nella contemplazione. Ci vuole
equilibrio tra la contemplazione e il servizio attivo e pratico. Le qualità di
Marta e Maria, sorelle di Lazzaro di Betania – così come vengono descritte nel
Vangelo – devono essere coniugate insieme, nella vita del cristiano. Marta è
una donna forte e determinata, con i piedi per terra, «capace anche di rimproverare
il Signore per non essere stato presente alla morte del fratello Lazzaro». Il
suo attivismo la distrae fino al punto da renderla incapace di «perdere il
tempo guardando il Signore». A Marta manca la dimensione contemplativa della
vita. E da questa donna, il Papa prende lo spunto per dire che ci sono tanti
cristiani che si limitano ad andare a Messa la domenica, ma usciti dalla chiesa
si immergono a capofitto negli affari della vita: «sono indaffarati, sempre. Non hanno tempo né per i figli, neppure per
giocare con i figli». L’attivismo esagerato, o «l’indaffaratismo» - come lo
chiama Francesco - può diventare una
specie di religione, un Moloch a cui sacrificare tempo e affetti. Anche i preti
e le persone consacrate possono diventare devoti di questo idolo e far parte di
quel «gruppo degli “indaffaratisti”». Si dedica tanto tempo alle “attività del
Signore” e ci si dimentica del “Signore delle attività”. A volte la troppa occupazione diventa preoccupazione. Occorre fermarsi, per
riflettere, per meditare e contemplare alla luce della Parola del Signore. Non
è bene far lavorare sempre le mani, per produrre e possedere di più, anche per
fare del bene, ma – come consiglia il Papa – bisogna aprire il cuore alla
contemplazione. Non si tratta di alienarsi dalla realtà per rifugiarsi
nell’intimismo spirituale. La contemplazione non è un «dolce far niente»,
spiega Francesco, ma è un catalizzatore importante per non disperdersi
nell’attivismo e per raccogliere energie e motivazioni per poter lavorare
meglio.
Era questa la regola di San Benedetto «Ora et labora», «Prega e
lavora». Neppure le monache di clausura passano tutta la giornata a «guardare
il cielo», ma «pregano e lavorano». L’Apostolo Paolo è l’esempio di questa
armoniosa unità tra la preghiera e l’apostolato. Egli era innamorato del
Signore e faceva tutto con spirito di contemplazione. Dalla contemplazione
vera, non astratta, attingeva tutta la forza per annunciare coraggiosamente il
Vangelo. Il Pontefice fa un esempio pratico: «É come quando una marito
torna a casa dal lavoro e trova sua moglie ad accoglierlo: quella che è
veramente innamorata non lo fa accomodare e poi continua a sbrigare le faccende
di casa, ma “prende il tempo per stare con lui”». In conclusione: «Contemplazione e servizio: questa è la
strada nostra della vita».