di Antonino Legname
Se «la musica è il linguaggio fondamentale per i giovani» - come recita
il n. 36 dello «Strumento di Lavoro» del Sinodo sui giovani, perché un Pastore,
sacerdote o vescovo, non dovrebbe imparare ad usare questo linguaggio
universale della musica per poter parlare di Gesù ai giovani d’oggi?
S.E. Mons. Antonio Staglianò |
Lo ha ben
capito il Vescovo di Noto, Mons. Antonio Staglianò, promotore della «Pop
Theology», cioè di quella «Teologia Popolare» veicolata dalla musica e dalle
canzoni Pop. Il Vescovo in tante occasioni ha voluto incontrare migliaia di
giovani, anche suonando la chitarra e cantando, o meglio, «cantillando» il
motivo di alcune canzonette che si prestano a fare da sfondo a profonde
riflessioni sui grandi temi della vita e della spiritualità cristiana. Per
esempio, si può incominciare a parlare dell’amore, come senso della vita, «cantillando»
il brano del cantante italiano Nek, «Siamo fatti per amare». E quando l’uomo
non riesce ad amare veramente, lo spunto per spiegare il perché, ce lo può
offrire la canzone intitolata «Gesù» di Renato Zero: «Gesù non ti somigliamo
più». Ricordo che su «L’Osservatore
Romano» online del 20 agosto 2016, a proposito di questa
canzone, si commentava: «Si tratta di un
pezzo dal titolo altamente suggestivo: «Gesù». È il Gesù di Renato Zero ma in
tanti punti, forse in tutta la coinvolgente canzone, si ritrova il Gesù di una
vera fede, profonda, viva e vivace. Questa canzone meriterebbe ben altra
meditazione teologica, ma vale la pena, qui, ricordare alcuni stralci che ci
rivelano che l’arte, oggi più che mai, desidera parlare in profondità, a
partire dalle nostre radici di fede».
E così, la musica e le canzoni possono
diventare veicolo per parlare del Vangelo e dei grandi valori della vita. Molto bella la riflessione di Mons. Staglianò
a partire dalle canzoni di Marco Mengoni: «Credo negli esseri umani» ed «Essenziale», o quella di Francesco Gabbani «Amen». Il Vescovo di Noto, quando
parla ai giovani, si distacca da quel linguaggio convenzionale di un certo
cattolicesimo da sagrestia, così distante dal gioco linguistico musicale dei
giovani d’oggi, e si immerge con passione nella musica pop per annunciare «cantillando» la Buona Novella. Staglianò non è
un Vescovo-cantante, ma un Pastore che vuole incarnare il Vangelo nella cultura
dei giovani d’oggi, anche attraverso i testi di alcune famose canzonette
italiane, come «Occidentali's Karma» di Gabbani. Da questo testo
scaturiscono alcune domande esistenziali: «“sei un essere umano, o una “scimmia
nuda che balla” tu? Conosci l’amore? O ti metti “in salvo dall'odore dei tuoi
simili” e vai a lezioni di Nirvana?». Nel Sinodo si parlerà anche del linguaggio
della musica, che la Chiesa è chiamata ad approfondire con la consapevolezza
che per i giovani «costituisce la
colonna sonora della loro vita, in cui sono costantemente immersi» (cfr. n. 36).
Oltre agli effetti positivi della musica, - come per esempio, le emozioni, il
coinvolgimento del corpo e della parte più intima dell’essere umano, i messaggi
che veicolano stili di vita e valori – bisogna
mettere in conto anche i risvolti deleteri e distruttivi di certa musica
alienante e anche le manipolazioni e gli influssi negativi che scaturiscono
dagli immensi interessi economici della grande industria della musica. Al n. 37
dello «Strumento di Lavoro» del Sinodo si legge che «la musica e la sua
condivisione attivano processi di socializzazione». Basta vedere o partecipare
ai concerti, dove si radunano migliaia di giovani. La musica diventa
l’occasione per incontrarsi, per fare amicizia, per stare insieme dentro spazi
dove le diversità e le distanze si annullano. Ovviamente, non mancano i rischi
dell’alienazione dentro il mondo virtuale di certa musica, che può diventare
uno spazio di ascolto passivo «in cui l’effetto, a volte amplificato dall’uso
di droghe, ha un ruolo spersonalizzante».
La stessa musica può diventare una droga! Ma al di là dei rischi, la musica
gioca un ruolo fondamentale nella vita dei giovani d’oggi, perché è
strettamente «connessa con la dimensione dell’ascolto e dell’interiorità» (n.
162). Non bisogna sottovalutare l’aspetto identificativo dei giovani con un
genere musicale o con un musicista o un cantante.
Infine, occorre riflettere
sul ruolo della musica e del canto nello sviluppo della spiritualità e del
cammino di fede delle nostre comunità cristiane. Nella liturgia, specialmente
nella Messa, occorre privilegiare quei linguaggi musicali che «favoriscono il
raccoglimento e l’ascolto interiore», ma non si devono disprezzare quei
linguaggi musicali più vivaci e più allegri, specialmente quando si ha una
grande partecipazione di ragazzi e di giovani.