MONS. LOREFICE RICEVUTO DAL SANTO PADRE
Lorefice:
«Il Papa viene per entrare nello spirito e nella ‘carne’ della nostra terra e
del nostro popolo, per aiutarci ad essere Chiesa-casa tra le case, Chiesa “in
uscita” dalle proprie mura»
di Antonino Legname
«Oggi il mondo ha bisogno di
cristiani audaci nella testimonianza … come don Pino Puglisi». Parlando dell’imminente
viaggio pastorale di Papa Francesco a Palermo, il 15 settembre 2018, Mons. Lorefice
ha detto che il Pontefice: «ci vuole coinvolgere in questa sua visione così
aperta, così conciliare di una Chiesa che sa stare dentro il mondo con
l’audacia della gioia del Vangelo”. Ormai manca una settimana all’incontro del
Pontefice con la realtà siciliana e Mons. Lorefice, ieri, 7 settembre 2018, è
stato ricevuto in udienza da Francesco. A VaticanNews l’Arcivescovo ha spiegato che «a 25 anni dalla morte di don Puglisi la
visita del Papa dà forza a tutta la Chiesa siciliana». Sono parole cariche di speranza
per il nostro popolo e “Papa Francesco – ha detto Lorefice - dà sempre una
prospettiva di speranza, dà forza” e il suo viaggio a Piazza Armerina e a Palermo
infonde entusiasmo in tutti i fedeli siciliani. Lorefice è ben consapevole che Papa
Francesco con la sua presenza in Sicilia, “ci viene ad incoraggiare perché
anche la Chiesa siciliana sia una chiesa capace di osare nella gioia un
annunzio missionario del Vangelo, perché l’amore di Dio raggiunga tutti». E a
chi lo avesse dimenticato, il Papa viene a ricordarci «che siamo tutti fratelli»
e viene a indicarci «la via della solidarietà, della giustizia e della condivisione».
Mons. Lorefice ribadisce con forza che «oggi
il mondo ha bisogno di cristiani audaci nella testimonianza”. E don Pino
Puglisi, del quale il prossimo 15 settembre, ricorre il 25° del suo
martirio, è l’esempio più chiaro dell’audacia evangelica. Infatti, P. Puglisi
fu ucciso 25 anni fa davanti casa sua dalla mafia, proprio perché era impegnato
in prima linea con i più poveri e con i giovani del quartiere Brancaccio di
Palermo. Come disse il Cardinale Salvatore Pappalardo, don Pino Puglisi fu ucciso perchè "sacerdote del Signore, missionario del Vangelo, formatore delle coscienze e
promotore della giustizia sociale".
L’arcivescovo Lorefice ringrazia a nome di tutta la Chiesa siciliana il Santo
Padre Francesco «per aver scelto proprio questa data, e soprattutto per il suo
venire come pellegrino sulla tomba di un martire”. Il Pastore della Chiesa di
Palermo conclude ribadendo che «Francesco vuole una Chiesa capace di
testimoniare, con quel sorriso tipico di don Pino Puglisi, una Chiesa che è
capace addirittura di annunciare il Vangelo senza timore di effondere il
sangue”.
Il 6 agosto scorso, in un messaggio alla Città e alla Diocesi di Palermo, Mons. Lorefice ha messo in guardia dal pericolo di vivere la visita del Papa come un «grande spettacolo». Francesco viene a confermare nella fede il popolo siciliano, per questo occorre prepararsi a ricevere il Vicario di Cristo – ha detto l'Arcivescovo – «impegnando la nostra esistenza ad una continua conversione e a una condivisione appassionata, entusiasta e creativa della Parola in cui tutti possono trovare ristoro ed energia di vita». Viviamo in un’epoca di grandi cambiamenti; «la città secolarizzata è sotto i nostri occhi – ha evidenziato il Presule - La gente della nostra terra si muove ancora all’interno di un orizzonte religioso, che affiora soprattutto durante le processioni patronali, ma si fa ormai fatica a riconoscere collettivamente quei segni della fede che durante la cosiddetta ‘cristianità’ tutti sapevamo discernere quasi insensibilmente». Ma è necessario imparare a valorizzare tutti gli elementi positivi che ci sono nella religiosità del popolo. Bisogna imparare a parlare il linguaggio del popolo. Di questo è convinto Papa Francesco, il quale ha detto che «per comprendere un popolo bisogna entrare nello spirito, nel cuore, nel lavoro, nella storia e nel mito della sua tradizione». Di questo è convinto l’Arcivescovo di Palermo che invita tutti a guardare la «nuda e concreta storia della nostra gente» per riconoscere «i segni, forse anche inconsapevoli, di una fede audace, di una carità feriale, di una speranza incrollabile». È vero che la pietà popolare, anche se a volte si manifesta con segni equivoci e discutibili di strumentalizzazioni – «mostra la fede del popolo». Si tratta di una spiritualità semplice «che non ha l’ambizione di spiegare e di definire nulla – ha scritto Lorefice - ma esprime un desiderio di vita in cui vibra il grido stesso della fede». L’arcivescovo di Palermo conclude il suo messaggio ricordando che «il Papa viene per entrare nello spirito e nella ‘carne’ della nostra terra e del nostro popolo, per aiutarci ad essere Chiesa-casa tra le case, evangelizzatori prossimi e gioiosi, comunità cristiane capaci di riflettere la luce di Cristo che, come la luna, brilla di luce riflessa nella Chiesa (Lumen gentium, 1). Il Santo Padre viene a chiederci di essere una Chiesa “in uscita” dalle proprie mura, una Chiesa che non annuncia una verità dall’alto delle proprie sicurezze, ma semplicemente il Vangelo di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio fattosi carne, nell’umile consapevolezza di poter essere credibile solo camminando sulla strada di tutti.
Il 6 agosto scorso, in un messaggio alla Città e alla Diocesi di Palermo, Mons. Lorefice ha messo in guardia dal pericolo di vivere la visita del Papa come un «grande spettacolo». Francesco viene a confermare nella fede il popolo siciliano, per questo occorre prepararsi a ricevere il Vicario di Cristo – ha detto l'Arcivescovo – «impegnando la nostra esistenza ad una continua conversione e a una condivisione appassionata, entusiasta e creativa della Parola in cui tutti possono trovare ristoro ed energia di vita». Viviamo in un’epoca di grandi cambiamenti; «la città secolarizzata è sotto i nostri occhi – ha evidenziato il Presule - La gente della nostra terra si muove ancora all’interno di un orizzonte religioso, che affiora soprattutto durante le processioni patronali, ma si fa ormai fatica a riconoscere collettivamente quei segni della fede che durante la cosiddetta ‘cristianità’ tutti sapevamo discernere quasi insensibilmente». Ma è necessario imparare a valorizzare tutti gli elementi positivi che ci sono nella religiosità del popolo. Bisogna imparare a parlare il linguaggio del popolo. Di questo è convinto Papa Francesco, il quale ha detto che «per comprendere un popolo bisogna entrare nello spirito, nel cuore, nel lavoro, nella storia e nel mito della sua tradizione». Di questo è convinto l’Arcivescovo di Palermo che invita tutti a guardare la «nuda e concreta storia della nostra gente» per riconoscere «i segni, forse anche inconsapevoli, di una fede audace, di una carità feriale, di una speranza incrollabile». È vero che la pietà popolare, anche se a volte si manifesta con segni equivoci e discutibili di strumentalizzazioni – «mostra la fede del popolo». Si tratta di una spiritualità semplice «che non ha l’ambizione di spiegare e di definire nulla – ha scritto Lorefice - ma esprime un desiderio di vita in cui vibra il grido stesso della fede». L’arcivescovo di Palermo conclude il suo messaggio ricordando che «il Papa viene per entrare nello spirito e nella ‘carne’ della nostra terra e del nostro popolo, per aiutarci ad essere Chiesa-casa tra le case, evangelizzatori prossimi e gioiosi, comunità cristiane capaci di riflettere la luce di Cristo che, come la luna, brilla di luce riflessa nella Chiesa (Lumen gentium, 1). Il Santo Padre viene a chiederci di essere una Chiesa “in uscita” dalle proprie mura, una Chiesa che non annuncia una verità dall’alto delle proprie sicurezze, ma semplicemente il Vangelo di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio fattosi carne, nell’umile consapevolezza di poter essere credibile solo camminando sulla strada di tutti.