DALLE COMMUNITY ALLA
COMUNITA’
Francesco: «Fino a che punto si può parlare di vera comunità di fronte alle
logiche che caratterizzano alcune community nei social network?»
di Antonino Legname
«Siamo
membra gli uni degli altri» (Ef
4,25). Dalle community alle comunità, è questo il tema che Papa Francesco,
oggi 29 settembre 2018, ha
scelto per celebrare la 53a GiornataMondiale delle Comunicazioni Sociali 2019. Il Pontefice spiega il significato
del tema proposto: «restituire alla comunicazione una prospettiva ampia,
fondata sulla persona» e porre «l’accento sul valore dell’interazione intesa
sempre come dialogo e come opportunità di incontro con l’altro». È quanto mai
urgente riflettere sulla natura delle relazioni in Internet, specialmente nei
cosiddetti social web. Occorre
domandarsi: «fino a che punto si può parlare di vera comunità di fronte alle
logiche che caratterizzano alcune community
nei social network?». Basta far
parte di una comunità digitale in «rete» per stabilire relazioni autenticamente
umane?
Il Pontefice mentre ribadisce l’importanza di Internet, si augura che diventi
sempre di più «un luogo ricco di umanità, non una rete di fili ma di persone
umane». Anche il Papa è in Rete attraverso i nuovi spazi tecnologici della
comunicazione, specialmente con gli account personali @Pontifex su Twitter e il profilo @Franciscus su Instagram. Una breve riflessione sul rapporto tra
Religione e Mondo digitale: da una parte c'è chi sostiene che l'idea di un Dio
onniveggente, che vede ogni essere umano e sa quello che ogni individuo fa in
ogni istante, sia un'immagine infantile e un'idea cervellotica, e, secondo
alcuni, è uno strumento di intimidazione nelle mani della religione. «Stai
attento, Dio ti vede!». Dall'altra parte, però, questo potere di onniveggenza
viene attribuito alla scienza e al progresso tecnologico: l'installazione dei
satelliti che controllano e trasmettono immagini di ogni tipo, i navigatori
satellitari capaci di guidare e di localizzare tutto, la scienza informatica e
di internet che in una frazione di secondo immette in rete una quantità inimmaginabile
di impulsi e di movimenti da un capo all'altro del mondo. Insomma, oggi tutti
siamo osservati dal grande occhio della scienza tecnologica e tutto è sotto
controllo. E allora perché dovrebbe essere così assurdo credere che il
progettista e il creatore delle leggi dell'universo, e di tutte le potenzialità
del cervello umano, sia in grado di vedere e di controllare ogni cosa? Ciò che
oggi è urgente non è dar vita ad una religione atea contro una religione
teista, ma lottare contro l'idolatria della tecnocrazia e dello scientismo; è
qui che si potrebbe trovare una fede comune e un po' più di umiltà e di amore
fraterno. Ai Vescovi del Messico Papa Francesco ha detto che in questo nostro
mondo globalizzato “l’irreversibile ibridazione della tecnologia rende vicino
ciò che è lontano ma, purtroppo, rende distante ciò che dovrebbe essere vicino”. Il
pericolo della società di oggi è quello di vedere l'uomo costruttore di macchine,
trasformarsi in macchina e in automa. Richard Swinburne diceva che: “la natura
[…] è una macchina per fabbricare macchine […], gli uomini fabbricano non
soltanto macchine, ma anche macchine che fabbricano macchine”.
Non è forse vero
che siamo arrivati al paradosso di vedere macchine che agiscono come uomini e
uomini che agiscono come macchine? In questo sistema, l'«intelligenza pratica»
dell'uomo aumenta, mentre la «ragione umanistica» diminuisce. L'intelligenza
umana è un potente strumento materiale per inventare e costruire macchine
sempre più sofisticate, mentre la “ragione” viene mortificata per il semplice
fatto che viene destituita della sua forza teleologica, cioè della sua capacità
di orientare verso un buon fine tutto ciò che l'uomo produce. Il paradosso
della società di oggi è che possiamo avere molti uomini intelligenti ma pochi
uomini razionali; cioè uomini che cercano in tutti i modi di dominare la natura
con la loro intelligenza, costruendo macchine, e le macchine alla fine dominano
l'uomo e minacciano l'umanità: si tratta di «intelligenza irrazionale». Incontrando
alcuni scienziati, il 10 aprile 2017, Papa Francesco ha voluto ricordare il
salutare principio, secondo il quale «le scienze e le tecnologie sono fatte per
l’uomo e per il mondo, non l’uomo e il mondo per le scienze e le tecnologie»;
ed ha auspicato che «esse siano al servizio di una vita dignitosa e sana per
tutti, nel presente e nel futuro, e rendano la nostra casa comune più abitabile
e solidale, più curata e custodita”. In altre parole, occorre con urgenza dare
o ridare al progresso scientifico e tecnologico la dimensione umana e
spirituale. L'uomo deve imparare a superare la dicotomia tra la fede cieca
nell'opera delle proprie mani e la fede in un Dio trascendente.