MAI PIU’ LA PENA DI MORTE
Francesco:
«Per quanto grave possa essere stato il reato commesso, la pena di morte
è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona»
di
Antonino Legname
«La dignità della persona non viene perduta neanche
dopo aver commesso crimini gravissimi». È questa la motivazione principale che
ha portato Papa Francesco – in continuità con l’accresciuta sensibilità dei
suoi predecessori, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI - a riscrivere il n. 2267
del Catechismo della Chiesa Cattolica. I tempi sono maturi per abolire
definitivamente – là dove ancora è in vigore - il ricorso alla pena di morte
senza alcuna eccezione. Nella precedente redazione, il Catechismo insegnava che
in alcuni casi, assai rari, quando per
esempio si doveva difendere la vita di esseri umani dall’aggressore ingiusto,
il ricorso alla pena di morte, come unica via praticabile, non veniva escluso.
Oggi c’è più consapevolezza e più coscienza nell’opinione
pubblica mondiale che «la pena di morte, anche solo come strumento di
“legittima difesa” sociale», non può essere più considerata una «risposta
adeguata» e neppure un mezzo estremo per tutelare il bene comune. In altre
parole, nessun crimine, anche il più grave, può giustificare il ricorso alla
pena di morte per sopprimere il colpevole. Questo perché la dignità della
persona, anche se colpevole di delitti gravissimi, non si perde. Oggi gli Stati
si sono dotati di strumenti di detenzione molto efficaci e sicuri per garantire
la difesa dei cittadini. Nessuno ha il diritto di togliere la vita ad un altro
essere umano. E nessuno può togliere, in modo definitivo, al reo «la
possibilità di redimersi». Su queste premesse si fonda il principio sacrosanto,
alla «luce del Vangelo», che «la pena di morte è inammissibile perché attenta
all’inviolabilità e dignità della persona». La Chiesa, specialmente attraverso
la voce dei suoi Pastori, è da tempo impegnata per chiedere con determinazione
ai Governi di tutto il mondo l’abolizione della pena di morte. Ricordiamo che
Giovanni Paolo II, nel Messaggio natalizio del 1998, auspicava nel mondo
«il consenso nei confronti di misure urgenti ed adeguate ... per bandire la
pena di morte». E dopo un mese circa, il 27 gennaio 1999, negli Stati Uniti, egli
ripeteva: «Un segno di speranza è costituito dal crescente riconoscimento che
la dignità della vita umana non deve mai essere negata, nemmeno a chi ha fatto
del male […]. Rinnovo l’appello lanciato a Natale, affinché si decida di
abolire la pena di morte, che è crudele e inutile». Anche Benedetto XVI, in
diverse occasioni, ha richiamato l’attenzione e la responsabilità dei Governi affinché
si adoperassero, al più presto, per «l’eliminazione della pena capitale». Non c’è
dubbio che la società moderna possieda strumenti adeguati ed efficaci per
proteggere i suoi cittadini e per tutelare il bene comune, senza dover ricorrere
alla pena di morte e senza dover negare in modo definitivo ai criminali la
possibilità di ravvedersi, di riabilitarsi e di reintegrarsi nella società
civile. 