IL
DINAMISMO DELLA FEDE
Francesco:
«È impensabile un «cristianesimo
monoculturale e monocorde»
di
Antonino Legname
L'evangelizzazione
nel mondo d'oggi deve passare attraverso l'inculturazione e la pluralità? Il
Vangelo deve essere tradotto nella cultura di un popolo. La comunicazione del
Vangelo è sempre dinamica e, seguendo il principio dell'incarnazione, la Chiesa
deve trovare linguaggi e strategie adeguate ai tempi e ai contesti sociali e
culturali. Incontrando alcuni Vescovi, Francesco ha raccomandato di non fidarsi
del «sentito dire»; di non “lasciarsi condizionare da occhi altrui”; e li ha
esortati: “impegnatevi per conoscere con i vostri propri occhi i luoghi e le
persone, la «tradizione» spirituale e culturale della diocesi a voi affidata”.
Il criterio del discernimento dentro la vita di un popolo è quanto mai
necessario per la missione evangelizzatrice della Chiesa nel mondo. Come ha
ricordato il cardinale Pietro Parolin, nel suo intervento al Meeting di Rimini 2017, “il
magistero post-conciliare ha
costantemente insistito sul tema dell'evangelizzazione delle culture e
dell'inculturazione della fede. La Chiesa ha il compito di innestare il Vangelo
in ogni cultura, esaltando ciò che di vero e di buono in esse si trova ed
acquisendone i tratti fondamentali”. La Chiesa, nel fare l'opzione
preferenziale per i poveri, è impegnata a conoscere e apprezzare il loro modo
culturale di vivere il Vangelo. “Nessuno può vivere totalmente isolato,
tutti gli atti delle persone si fanno in un ambiente storico che li condiziona,
l’operato concreto è contrassegnato dalla cultura in cui si svolge. Nella
dinamica della storia l’uomo crea la cultura e la cultura influisce sull’uomo”. Nell'evangelizzazione,
pertanto, occorre un'opera costante di discernimento e di mediazione culturale
per distinguere ciò che è essenziale nel Messaggio del Vangelo, da trasmettere
integralmente, da ciò che è rivestimento legato alla cultura e al tempo, e
perciò transitorio e adattabile alle diverse circostanze. Ovviamente non si
tratta di avere tante teologie diversificate a seconda dei Continenti e delle
culture - aveva detto Paolo VI nel discorso di chiusura del Sinodo del 1974
- “Il contenuto della fede o è cattolico,
o non è tale. Noi tutti [...] abbiamo ricevuto la fede da una tradizione
ininterrotta e costante: Pietro e Paolo non l’hanno travestita per adattarla
all’antico mondo giudaico, greco o romano, ma hanno vegliato sulla sua
autenticità, sulla verità dell’unico messaggio”. In un Discorso ai Vescovi,
Paolo VI aveva detto che è dovere dei Pastori della Chiesa “vegliare sul deposito,
che dev’essere da noi tramandato integro e splendente così come l’abbiamo
ricevuto dai secoli”.
E Papa Francesco si colloca su questa linea
di continuità fedele al deposito della fede e nello stesso tempo di
aggiornamento, di inculturazione e di pluralità per rendere accessibile e
comprensibile all'uomo d'oggi il Messaggio della Salvezza. Il Vangelo è una fonte viva e sempre
zampillante e nessuno può avere la pretesa di «esaurirlo» e di fare stagnare il
suo dinamismo vivo e fecondo. È compito doveroso della Chiesa trasmettere
integralmente e fedelmente la Parola di Dio; e tutto il Popolo di Dio ha la
missione di evangelizzare promuovendo il bene e di promuovere il bene evangelizzando;
cioè annunciare Cristo, salvatore del mondo, per rendere nuova l'umanità. Non è
un annuncio teorico, astratto e disincarnato ma pratico e incisivo nella vita
degli uomini. Un annuncio capace di trasformare la vita e di offrire autentici
valori per un cammino di promozione integrale dell'uomo. Non si tratta di
offrire agli uomini d'oggi strumenti di natura politica, economica e culturale
per cambiare il mondo, ma di aiutarli ad incontrare Cristo e il Vangelo per poter
orientare le loro scelte temporali nella costruzione di una civiltà più umana e
più giusta. Il Vangelo, che “è
fonte viva di eterna novità” - ha detto il Papa - non può essere
«indottrinato», “in pietre morte da scagliare contro gli altri”. Nella Evangelii gaudium viene affrontato il
tema della inculturazione del cristianesimo nelle altre tradizioni culturali; “non farebbe giustizia alla
logica dell’incarnazione pensare ad un cristianesimo monoculturale e
monocorde”. Quando si annuncia il Vangelo della gioia in altri contesti
culturali è bene ricordare che il messaggio rivelato non si identifica con
alcuna cultura perché il suo contenuto è «transculturale». Purtroppo, “a volte nella Chiesa cadiamo
nella vanitosa sacralizzazione della propria cultura, e con ciò possiamo
mostrare più fanatismo che autentico fervore evangelizzatore”.
Rivolgendosi ai Membri del Cammino Neocatecumenale, in partenza per la
Missione, il Papa li ha esortati: “considerate un dono le realtà che
incontrerete; familiarizzate con le culture, le lingue e gli usi locali,
rispettandoli e riconoscendo i semi di grazia che lo Spirito ha già sparso.
Senza cedere alla tentazione di trapiantare modelli acquisiti […] altrimenti la
fede rischia di diventare una dottrina fredda e senza vita”. Il principio
teologico della Scolastica: «la grazia suppone la natura», può essere tradotto
oggi anche con l'assioma: «la grazia suppone la cultura». La cultura è il
liquido amniotico nel quale cresce e si sviluppa la vita dei popoli. Proprio
perché la fede è un dono di Dio, che vive dentro una cultura, è anche un atto
umano. Occorre comprendere la fede a partire dal vissuto del popolo. E bisogna
evangelizzare il popolo a partire dal popolo stesso, assumendone la cultura
popolare e le sue espressioni religiose. Il Papa esorta i Pastori della Chiesa
a non essere “predicatori di complesse dottrine, ma annunciatori di Cristo,
morto e risorto per noi. Puntate all’essenziale, al kerygma”. Nel
Discorso conclusivo dei lavori del Sinodo sulla Famiglia, Francesco ha ricordato
che “per trasmettere la bellezza della Novità cristiana, qualche volta coperta
dalla ruggine di un linguaggio arcaico o semplicemente non comprensibile”, occorre inculturare il Vangelo nelle
varie culture umane; non si tratta di svilire o annacquare i principi
immutabili del Vangelo, ma al contrario di rendere accessibile a tutti i valori
veri che si radicano e si adattano alle diverse situazioni per trasformare
pacificamente e gradualmente le varie culture. La Chiesa deve entrare con
rispetto nel cuore di ogni popolo; e con uno slogan possiamo dire che deve
«inculturare il Vangelo ed evangelizzare la cultura». Nella sua missione di
evangelizzazione la Chiesa è chiamata ad aiutare gli uomini di oggi a non
regredire in quelle forme di religiosità primitive verniciate di cristianesimo.
Oggi si preferisce parlare di «inculturazione» del Vangelo tra quelle
popolazioni che sono arrivate al cristianesimo all'ultima ora, proprio perché è
difficile e quasi impossibile sradicare gli usi, i costumi e certe credenze che
fanno parte del substrato culturale e religioso di un popolo. Per realizzare
l'umanesimo cristiano popolare non basta comunicare la dottrina in se stessa,
con tutti i suoi dogmi, ma occorre puntare soprattutto sul contenuto umano che
contiene il messaggio rivelato e la sua forza di consolare gli uomini, seguendo
l'invito di Dio ai profeti: «Consolate, consolate il mio popolo». Sappiamo bene
“quante
difficoltà ci sono nella vita di ognuno, nella nostra gente, nelle nostre
comunità, ma per quanto grandi possano apparire, Dio non lascia mai che ne
siamo sommersi. Davanti allo scoraggiamento che potrebbe esserci nella vita, in
chi lavora all’evangelizzazione oppure in chi si sforza di vivere la fede come
padre e madre di famiglia, vorrei dire con forza: abbiate sempre nel cuore
questa certezza: Dio cammina accanto a voi, in nessun momento vi abbandona!”.
[Dal libro di Antonino Legname, La Teopsia di Francesco, Vol. II, Ed. Le Nove Muse, Catania 2017, pp. 1140 - 1142]