LA DIVERSITA’ RICONCILIATA
Papa
Francesco a Bartolomeo I: «Santità benedica me e la Chiesa di Roma»
di Antonino Legname
Quella del
«poliedro» è un'immagine che Papa Francesco ha usato spesso per spiegare la
ricchezza della diversità riconciliata, non solo all'interno della Chiesa
cattolica ma anche nel cammino ecumenico per l'unità dei cristiani. In quanto
Vescovo di Roma e Successore di Pietro, Francesco è consapevole della sua
responsabilità nel cammino ecumenico verso l'unità dei cristiani; e questa è
una delle sue principali preoccupazioni.
Ovviamente ci sono tante ferite del passato ancora aperte che rendono
difficile il cammino della piena riconciliazione. Nei confronti degli
ortodossi, per esempio, ricordiamo il gesto umiliante in occasione del Concilio
di Firenze nell'anno '400, “quando il papa, che se ne stava distante e in
disparte, umiliò gli ortodossi chiedendo loro di baciargli i piedi”. Facendo
riferimento a quel contesto storico si capisce meglio il gesto di Papa
Francesco di chinare il capo davanti al Patriarca ecumenico Bartolomeo e di
chiedergli la benedizione, quando il 30 novembre 2014 lo ha incontrato nella
sede del patriarcato di Costantinopoli: “Santità benedica me e la Chiesa di
Roma”. Bartolomeo rimase fermo e in silenzio; ma vedendo l'insistenza di
Francesco si è avvicinato e lo ha baciato sul capo. Poi c'è stato l'abbraccio
fraterno e Bartolomeo da parte sua ha voluto baciare la mano del Papa, mentre
Francesco tentava di ritirarla. Tra gli ambienti più conservatori non sono
mancati coloro che si sono indignati e scandalizzati di fronte a quel gesto di
umiltà di Papa Francesco. E che dire allora del segno altamente significativo
di Papa Paolo VI, quando il 14 dicembre 1975, si inginocchiò nella Cappella
Sistina davanti al metropolita Militone e gli baciò i piedi, “in riparazione
proprio della triste scena del Concilio di Firenze” - spiega il cardinale
Kasper, il quale ricorda la costernazione della Curia: “ci fu chi disse che il
papa aveva perso la testa” [citato nel libro Testimone della misericordia, p. 139]. Questi gesti altamente
simbolici esprimono la volontà di conversione a cui anche la Chiesa cattolica è
chiamata, affinché si possa realizzare il desiderio di Cristo: «Ut unum sint». Papa Francesco racconta
che mentre si trovava a Lesbo insieme al Patriarca Bartolomeo e salutava tutti,
si chinò verso un bambino. “Ma al bambino non interessavo - riferisce il Papa -
guardava dietro di me. Mi volto e vedo perché: Bartolomeo aveva le tasche piene
di caramelle e le stava dando a dei bambini. Questo è Bartolomeo, un uomo
capace di portare avanti tra tante difficoltà il Grande Concilio Ecumenico
ortodosso, di parlare di teologia ad alto livello, e di stare semplicemente con
i bambini”. Ai fratelli della Chiesa
ortodossa, Francesco ha voluto assicurare che, “per giungere alla meta
sospirata della piena unità, la Chiesa cattolica non intende imporre alcuna
esigenza, se non quella della professione della fede comune, e che siamo pronti
a cercare insieme, alla luce dell’insegnamento della Scrittura e
dell’esperienza del primo millennio, le modalità con le quali garantire la
necessaria unità della Chiesa nelle attuali circostanze”. Durante l'Udienza
Generale del 20 gennaio 2016, il Vescovo di Roma ha voluto ricordare che c'è un
legame indissolubile tra tutti i cristiani - protestanti, ortodossi, cattolici
- in forza della grazia del battesimo: “La misericordia di Dio, che opera nel
Battesimo, è più forte delle nostre divisioni” - ha detto, auspicando che tutte
le Chiese possano dare testimonianza fraterna e concreta di unità condividendo
le opere di misericordia corporali e spirituali. In questo modo è possibile
offrire all'umanità, specialmente ai più lontani, il santo contagio della
misericordia di Dio. “Mentre siamo in
cammino verso la piena comunione tra noi, possiamo già sviluppare molteplici
forme di collaborazione - ha suggerito il Papa - andare insieme e collaborare
per favorire la diffusione del Vangelo. E camminando e lavorando insieme, ci
rendiamo conto che siamo già uniti nel nome del Signore” […]. Di portata
storica è stato l'incontro a Cuba, il 12 febbraio 2016, tra Papa Francesco e il
Patriarca Kirill di Mosca e di tutta la
Russia, la prima volta dopo lo scisma del 1054.
In quel memorabile
incontro presso l'aeroporto internazionale "José Martí" -
de La Habana, Francesco e Kirill
hanno firmato una «Dichiarazione congiunta», nella quale si evince la
determinazione delle due Chiese sorelle, cattolica e ortodossa, “a
compiere tutto ciò che è necessario per superare le divergenze storiche”
ereditate dal passato, e di impegnarsi concretamente per la pace, la giustizia
e la salvaguardia del creato […]. Il 29
febbraio 2016, Papa Francesco ha incontrato in Vaticano Sua Santità Abuna
Matthias I, Patriarca della Chiesa Ortodossa Tewahedo di Etiopia, e in
quell'occasione ha ricordato che la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse
orientali hanno «quasi tutto in comune»: “una sola fede, un solo
Battesimo, un solo Signore e Salvatore Gesù Cristo. Siamo uniti in virtù del
Battesimo, che ci ha incorporati nell’unico Corpo di Cristo. Siamo uniti grazie
ai vari elementi comuni delle nostre ricche tradizioni monastiche e pratiche
liturgiche. Siamo fratelli e sorelle in Cristo. Come è stato più volte
osservato, ciò che ci unisce è molto più grande di ciò che ci divide”. Il Papa
auspica che l'«ecumenismo dei martiri» cristiani del nostro tempo possa essere
seme fecondo dell'unità dei cristiani. “Siamo consapevoli - ha ammesso
Francesco - che la storia ha lasciato un fardello di dolorosi malintesi e di
diffidenza, per il quale chiediamo il perdono e la guarigione di Dio”; occorre
alimentare la speranza che un giorno tutti i cristiani “saremo uniti intorno
all’altare del Sacrificio di Cristo, nella pienezza della comunione
eucaristica” […]. Il Papa ha lanciato un accorato appello a “vivere nella
carità e nella mutua comprensione anche le differenze […] e a comporre le
divergenze con il dialogo e la valorizzazione di quanto unisce”, senza la
strumentalizzazione e la manipolazione della fede […]. “L’unità non è
assorbimento. L’unità dei cristiani non comporta un ecumenismo «in
retromarcia», per cui qualcuno dovrebbe rinnegare la propria storia di fede; e
neppure tollera il proselitismo, che anzi è un veleno per il cammino ecumenico.
Prima di vedere ciò che ci separa, occorre percepire anche in modo esistenziale
la ricchezza di ciò che ci accumuna, come la Sacra Scrittura e le grandi
professioni di fede dei primi Concili ecumenici” […]. Occorre il coraggio di cercare
e trovare vie nuove di riconciliazione per promuovere e realizzare
l'inestimabile dono dell'unità di tutti i cristiani. Si tratta di continuare a
camminare insieme con «perseverante determinazione» in questo “pellegrinaggio
verso la piena unità”.
Papa Francesco e il Patriarca di Mosca Kirill |
[Dal libro di Antonino Legname, La Teopsia di Francesco, Vol. II, Ed. Le Nove Muse, Catania 2017, pp. 708-712]