IL FUTURO DELLA CHIESA È “SULLA STRADA”
Papa Francesco: «Senza l'incontro con il Popolo di Dio, la
teologia può diventare ideologia»
di Antonino Legname
Intervistato di recente da Philip Pullella, giornalista dell’agenzia di stampa Reuters, Papa
Francesco ha detto che «il futuro della
Chiesa è "sulla strada"». Che cosa significa? Nel mio ultimo
libro in due volumi, «La Teopsia di Francesco», ho dedicato un capitolo alla “teologia
di strada”, che potrebbe aiutarci a capire meglio il significato e la
prospettiva ecclesiologica delle parole del Pontefice.
“Gesù sempre è
stato un uomo di strada”. I Vangeli, anche se con sfumature diverse, ci presentano
lo stile di Gesù di Nazaret: «sempre in cammino», in mezzo alla gente; “la
maggior parte del tempo lo passava per la strada. Questo vuol dire vicinanza
alla gente, vicinanza ai problemi. Non si nascondeva”. E quando non era in
strada, Gesù si raccoglieva in preghiera. Nell'intervista alla testata spagnola
«El País», il 21 gennaio 2017, Papa Francesco ha detto che vuole continuare ad
essere «callejero», nel senso che quando può gli piace, durante le udienze o i
viaggi, uscire per la strada a salutare la gente: “Non posso fare tutto quello
che voglio, ma lo spirito «callejero» c'è”. In un Tweet lanciato il 1° ottobre 2016, Francesco ha scritto: “Dio non si conosce con pensieri alti
e tanto studio, ma con la piccolezza di un cuore umile e fiducioso”.
Il Vescovo di Roma non vuole creare una nuova teologia, ma sta cercando di fare
teologia in modo nuovo per approdare alla Teopsia,
cioè alla «visione di Dio», attraverso la contemplazione del Volto incarnato e
misericordioso di Gesù di Nazaret, che si rende visibile nel volto dei fratelli
più «piccoli». Quella di Papa Francesco è una teologia «nuova» nei modi, nei
mezzi e nel linguaggio: la sua non è una teologia astratta, elaborata nei
laboratori di scienze religiose, ma concreta, in un certo senso una «teologia
callejera», fatta nella strada e per la strada, cioè per la gente; una teologia
che non usa solamente lo strumento della ragione, ma soprattutto mette in atto
le virtù umane e tra queste, quelle della tenerezza e dell'umiltà; una teologia
che non ha come fine di dimostrare apologeticamente l'esistenza di Dio, ma di
mostrare il volto amorevole di Dio attraverso gli occhi misericordiosi di Gesù
di Nazaret. Si tratta di una «teologia mistica incarnata nella storia» e che si
fa storia “partendo dalla periferia, partendo da coloro che sono più lontani”.
Ai teologi il Papa ha detto che è importante domandarsi: “a chi stiamo pensando
quando facciamo teologia? Quali persone abbiamo davanti? Senza questo incontro
con la famiglia, con il Popolo di Dio, la teologia corre il grande rischio di
diventare ideologia”. Egli ricorda che “Gesù non è venuto ad insegnare una
filosofia, un’ideologia … ma una «via», una strada da percorrere con Lui”.
Non
si può annunciare Gesù Cristo senza mettersi in movimento, come faceva Paolo,
l'Apostolo delle genti, il quale non resta “seduto davanti alla sua scrivania:
no. Lui sempre, sempre è in moto. Sempre portando avanti l’annuncio di Gesù
Cristo”. In diverse occasioni, Francesco ha detto che il compito dei Pastori
della Chiesa è di uscire dal tempio per andare tra la gente. Se non si sta in
mezzo alle gente e non si ascolta la vita della gente come si fa ad annunciare
il Vangelo? Francesco evidenzia un pericolo: “quanto più ti allontani dalla
gente e dai problemi della gente, tanto più ti rifugi in una teologia
inquadrata del «si deve e non si deve», che non comunica nulla, che è vuota,
astratta […]. A volte con le nostre parole rispondiamo a domande che nessuno si
pone”. Commemorando a Bozzolo la bella figura di pastore di don Primo
Mazzolari, Papa Francesco ribadisce che il pastore deve essere capace di
mettersi davanti al popolo per indicare la strada, altre volte starà
semplicemente in mezzo come segno di vicinanza, e in alcune circostanze
camminerà dietro al popolo per incoraggiare chi è rimasto indietro. E don Primo scriveva: «Dove vedo che il
popolo slitta verso discese pericolose, mi metto dietro; dove occorre salire,
m’attacco davanti. Molti non capiscono che è la stessa carità che mi muove
nell’uno e nell’altro caso e che nessuno la può far meglio di un prete»”. Il
Papa esorta a non fare della fede una “teoria astratta dove i dubbi si
moltiplicano. Facciamo piuttosto della fede la nostra vita. Cerchiamo di
praticarla nel servizio ai fratelli, specialmente dei più bisognosi”. Non
dobbiamo dimenticare, infatti, che “la nostra fede non è una dottrina astratta
o una filosofia, ma è la relazione vitale e piena con una persona: Gesù Cristo”.
Questa intima adesione a Cristo è stata l'esperienza dei santi Fondatori di
Ordini e di Congregazioni religiose. In occasione del Giubileo della Vita
Consacrata il Papa ha evidenziato che, purtroppo, è forte il rischio, anche
nelle Comunità religiose, di “cristallizzare i carismi in una dottrina astratta:
i carismi dei fondatori - ha detto - non sono da sigillare in bottiglia, non
sono pezzi da museo”. Il Vescovo di Roma sottolinea il legame intimo tra Cristo
e la Chiesa: “Nessuna manifestazione di Cristo, neanche la più mistica, può mai
essere staccata dalla carne e dal sangue della Chiesa, dalla concretezza
storica del Corpo di Cristo. Senza la Chiesa, Gesù Cristo finisce per ridursi a
un’idea, a una morale, a un sentimento. Senza la Chiesa, il nostro rapporto con
Cristo sarebbe in balia della nostra immaginazione, delle nostre
interpretazioni, dei nostri umori”. Papa Francesco ha detto che “la Chiesa è il
Vangelo, è l'opera di Gesù Cristo. Non è un cammino di idee, uno strumento per
affermarle. E nella Chiesa le cose entrano nel tempo, quando il tempo è maturo,
quando si soffre”. La Chiesa, popolo di Dio, ha nel mondo la missione di
“comunicare agli uomini il disegno misericordioso di Dio”.
Non possiamo
dimenticare che il Popolo di Dio, costituito da tutti i battezzati, «dai Vescovi fino agli ultimi Fedeli laici», è
«infallibile nel credere» e, possiede un “proprio «fiuto» per discernere le
nuove strade che il Signore dischiude alla Chiesa”.
Dobbiamo convincerci che “il sensus fidei del santo popolo fedele di
Dio, mai, nella sua unità, mai sbaglia”. Questo sensus fidei del popolo credente è un vero e proprio «luogo
teologico». Papa Francesco spiega con convinzione che la parola «popolo» non è
una categoria logica, ma è una categoria mistica, ma non nel senso di «angelicata», come se
tutto quello che fa il popolo fosse buono; e allora per evitare equivoci,
Francesco preferisce identificare la parola «popolo» con la categoria «mitica»
e storica. “Il
popolo si fa in un processo, con l’impegno in vista di un obiettivo o un
progetto comune. La storia è costruita da questo processo di generazioni che si
succedono dentro un popolo. Ci vuole un mito per capire il popolo”. E
allora, occorre ascoltare di più la saggezza del Popolo di Dio, imparando a
valorizzare la pietà popolare della nostra gente che possiede la capacità di
comprendere il Vangelo; questo è il sensus
fidei fidelium, cioè il carisma di ogni cristiano di accedere e di
arricchire il deposito della fede. Ai Vescovi italiani, il Papa ha ricordato
che “il pastore è convertito e confermato dalla fede semplice del popolo santo
di Dio, con il quale opera e nel cui cuore vive. Questa appartenenza è il sale
della vita del presbitero; fa sì che il suo tratto distintivo sia la comunione,
vissuta con i laici in rapporti che sanno valorizzare la partecipazione di ciascuno”.
Pertanto, tutti gli organismi di comunione e di partecipazione nella Chiesa
devono rimanere connessi col «basso», cioè devono partire dalla gente, dai
problemi di ogni giorno. Francesco
ha esortato i Vescovi del Messico a “curare specialmente la formazione e la
preparazione dei laici, superando ogni forma di clericalismo e coinvolgendoli
attivamente nella missione della Chiesa”. Non si tratta di una benevola «delega»
che la gerarchia concede ai laici ma di una naturale partecipazione di tutto il
Popolo di Dio alla missione salvifica della Chiesa. E anche sul ruolo delle
donne nella Chiesa, Francesco ha detto con parole chiare: “per favore, non
possono essere ridotte a serve del nostro recalcitrante clericalismo; esse
sono, invece, protagoniste nella Chiesa”.
[Dal libro di Antonino Legname, La Teopsia di Francesco. Tra scienza e fede, il nuovo umanesimo cristiano,integrale, popolare, solidale, inclusivo e gioioso, Le Nove Muse, Catania
2017, vol. I, pp. 118-121].