LA
SCLEROCARDIA
SPIRITUALE
Papa Francesco: «Ci sono cuori chiusi, i cuori di pietra, i cuori che non vogliono
aprirsi, che non vogliono sentire; i cuori che soltanto conoscono il linguaggio
della condanna»
di Antonino Legname
La concentrazione eccessiva su se stessi può
diventare patologica. Papa Francesco spiega che “è qualcosa di più che una
semplice testardaggine […], è l’idolatria del proprio pensiero: io la penso
così, questo deve essere così e niente di più! I farisei avevano un pensiero
unico e volevano imporre questo pensiero al popolo di Dio. Per questo Gesù li
rimprovera di caricare sulle spalle della gente tanti comandamenti. Rimprovera
la loro incoerenza dovuta al loro pensiero: «si deve fare così!». In questo
modo hanno una teologia che diviene schiava di questo schema del pensiero
unico”. Il Papa critica e condanna l'atteggiamento dei farisei, dei dottori della legge e dei sadducei che parlavano
un linguaggio che la gente non capiva. Erano chiusi dentro una religiosità
formalistica; per loro tutta la salvezza era nel compimento dei numerosissimi
comandamenti “che la loro febbre intellettuale e teologica aveva creato”; in
questo modo erano riusciti ad allargare sempre di più lo spazio che li
distaccava dal popolo, per il quale diventava sempre più difficile percorrere la
strada per la salvezza. Occorre evitare - dice il Papa - di cercare salvezza e
“rifugio sotto il tetto delle prescrizioni e dei tanti comandamenti fatti da
uomini”. La rigidità della legge e gli idealismi non fanno bene; e la Chiesa cattolica non
insegna «aut-aut», «o questo, o questo», ma con sano realismo dice: «et-et»,
«questo e questo»; “non è cattolico ma è eretico dire: «o questo o
niente»”. Bisogna fare di tutto per uscire dall'ingabbiamento della rigidità
della legge - dice Francesco - e ascoltare Gesù che ci presenta l'ideale da
perseguire e continua a dire: “Fate fino al punto che potete fare. E lui ci
capisce bene”. Giona, ha spiegato il Papa, “aveva le proprie idee, e non c’era
nessuno - neppure Dio! - che gliele facesse cambiare […]; aveva quella durezza che non lascia
entrare la misericordia di Dio: è più importante la mia predica, sono più
importanti i miei pensieri, è più importante tutto quell’elenco di comandamenti
che devo fare osservare - tutto, tutto, tutto - che la misericordia di Dio […].
Dove c’è il Signore, c’è la misericordia. E sant’Ambrogio aggiungeva: «E dove
c’è la rigidità ci sono i suoi ministri», riferendosi alla testardaggine che
sfida la missione, che sfida la misericordia”. Il Papa non si stanca di
ripetere che “il Signore con la sua tenerezza ci apre il suo cuore, ci apre il
suo amore. Il Signore è allergico alle rigidità” […]. Una certa rigidità fa
tanto male alla Chiesa! “Quanto bella è la libertà, la magnanimità, la speranza
di un uomo e una donna di Chiesa - ha rimarcato il Papa - e invece quanto
brutta e quanto male fa la rigidità di una donna e di un uomo di Chiesa: la
rigidità clericale, che non ha speranza”. Purtroppo, la sclerocardìa o
«cardiosclerosi» - come la chiama Francesco - cioè la «durezza di cuore», è una
grave malattia dello spirito che rende refrattari e insensibili alla misericordia
e alla tenerezza. “Il problema, infatti, è che per certi cuori, se noi
facessimo un elettrocardiogramma spirituale, il risultato sarebbe lineare,
senza emozioni”. pórosis (la
durezza) dei loro cuori» (Mc
3,5; cf. anche Ef 4,18). La durezza
di cuore fa soffrire tanto la
Chiesa - ha detto Francesco - Ci sono “cuori chiusi, i cuori
di pietra, i cuori che non vogliono aprirsi, che non vogliono sentire; i cuori
che soltanto conoscono il linguaggio della condanna. Essi sanno condannare e
non sanno dire: «spiegami, perché tu dici questo? Perché questo? Spiegami». No,
sono chiusi, sanno tutto, non hanno bisogno di spiegazioni”. L'umanesimo
cristiano, invece, non può essere rigido, perché “dove c’è rigidità non c’è
umanesimo, e dove non c’è umanesimo, non può entrare Cristo! Ha le porte
chiuse! Il dramma della chiusura incomincia nelle radici della rigidità” - ha
ribadito il Pontefice; per questo “dobbiamo imparare a uscire dalle
nostre rigidità che ci rendono incapaci di comunicare la gioia del Vangelo,
dalle formule standardizzate che spesso risultano anacronistiche, dalle analisi
preconcette che incasellano la vita delle persone in freddi schemi”. In tante
occasioni il Papa ha parlato di quell'ipocrisia nascosta dietro l'atteggiamento
di «rigidità» di coloro che sono scrupolosi osservanti della legge.
Ma “dietro la rigidità c’è qualcosa di nascosto nella vita di una persona. Infatti, la rigidità non è un dono di Dio; la mitezza sì; la bontà sì; la benevolenza sì; il perdono sì; ma la rigidità no!”. I rigidi “sembrano buoni, perché seguono la legge, dietro c’è qualcosa che non li fa buoni: o sono cattivi, ipocriti o sono malati”. Mentre la Tradizione della Chiesa fiorisce e sempre si arricchisce di nuovi impulsi dello Spirito, “c'è un tradizionalismo che è fondamentalismo rigido: non è buono” - ha detto Francesco, ricordando che la fedeltà alla Tradizione implica una crescita. Per far capire che la durezza del cuore è una tentazione che può intaccare anche gli uomini di Chiesa, il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, intervenendo al World Apostolic Congress on Mercy, che si è svolto a Roma il 1° aprile 2016, cita santa Caterina da Siena, la quale ammoniva che “noi sacerdoti, noi pastori siamo minacciati dalla durezza del cuore, che s’insinua nelle nostre vite. Così i sacerdoti diventano lupi e tanti cardinali sono diavoli”. Papa Francesco esorta “a rivedere quei comportamenti che a volte non aiutano gli altri ad avvicinarsi a Gesù; gli orari e i programmi che non incontrano i reali bisogni di quanti si potrebbero accostare al confessionale; le regole umane, se valgono più del desiderio si perdono; le nostre rigidità che potrebbero tenere lontano dalla tenerezza di Dio. Non dobbiamo certo sminuire le esigenze del Vangelo, ma non possiamo rischiare di rendere vano il desiderio del peccatore di riconciliarsi con il Padre, perché il ritorno a casa del figlio è ciò che il Padre attende prima di tutto (cfr Lc 15,20-32)”. È veramente pericoloso l'atteggiamento di coloro che “si rifugiano nella propria schiavitù, nella propria rigidità, e non sanno nulla della misericordia di Dio. Coloro di cui parla il Vangelo di Matteo erano dottori, avevano studiato, ma la loro scienza non li ha salvati”. Gesù li spiazza facendo «cose strane» ai loro occhi, come “andare con i peccatori, mangiare con i pubblicani”. E questo ai dottori della legge “non piaceva, era pericoloso; era in pericolo la dottrina, che loro, i teologi, avevano fatto nei secoli”. A tal proposito il Vescovo di Roma ha detto che forse inizialmente si trattava di una legge “fatta per amore, per essere fedeli a Dio”, ma in pratica poi era diventata «un sistema normativo chiuso». Essi “semplicemente avevano dimenticato la storia. Avevano dimenticato che Dio è il Dio della legge”, ma è anche “il Dio delle sorprese”. Solo la tenerezza di Dio è capace di ammorbidire il cuore di pietra di coloro che hanno un pensiero unico e rigido e di riscaldare la freddezza di quella gente che “è chiusa sempre nella legge e condanna tutto quello che è fuori da quella legge”. Il «fenomeno del pensiero unico» alimenta quella rigidità che nel corso della storia dell'umanità ha sempre causato disgrazie; ha ricordato il Pontefice: “Nel secolo scorso abbiamo visto tutti noi le dittature del pensiero unico che hanno finito per uccidere tanta gente. Si sono sentite padrone e non si poteva pensare altrimenti: si pensa così!
Ma anche oggi - ha messo in guardia il Papa - c’è l’idolatria del pensiero unico. Oggi si deve pensare così e se tu non pensi così non sei moderno, non sei aperto. O peggio - ha proseguito - tante volte quando alcuni governanti chiedono un aiuto finanziario si sentono rispondere: «ma se tu vuoi questo aiuto devi pensare così e devi fare questa legge e quell’altra, quell’altra». Dunque, anche oggi c’è la dittatura del pensiero unico e questa dittatura è la stessa di questa gente di cui parla il Vangelo. Il modo di fare è lo stesso. È gente che prende le pietre per lapidare la libertà dei popoli […], la libertà delle coscienze, il rapporto della gente con Dio. E oggi Gesù è crocifisso un’altra volta”.
Anche gli uomini di chiesa possono avere il cuore così duro,
rigido e lineare da vanificare la grazia della misericordia.
Ma “dietro la rigidità c’è qualcosa di nascosto nella vita di una persona. Infatti, la rigidità non è un dono di Dio; la mitezza sì; la bontà sì; la benevolenza sì; il perdono sì; ma la rigidità no!”. I rigidi “sembrano buoni, perché seguono la legge, dietro c’è qualcosa che non li fa buoni: o sono cattivi, ipocriti o sono malati”. Mentre la Tradizione della Chiesa fiorisce e sempre si arricchisce di nuovi impulsi dello Spirito, “c'è un tradizionalismo che è fondamentalismo rigido: non è buono” - ha detto Francesco, ricordando che la fedeltà alla Tradizione implica una crescita. Per far capire che la durezza del cuore è una tentazione che può intaccare anche gli uomini di Chiesa, il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, intervenendo al World Apostolic Congress on Mercy, che si è svolto a Roma il 1° aprile 2016, cita santa Caterina da Siena, la quale ammoniva che “noi sacerdoti, noi pastori siamo minacciati dalla durezza del cuore, che s’insinua nelle nostre vite. Così i sacerdoti diventano lupi e tanti cardinali sono diavoli”. Papa Francesco esorta “a rivedere quei comportamenti che a volte non aiutano gli altri ad avvicinarsi a Gesù; gli orari e i programmi che non incontrano i reali bisogni di quanti si potrebbero accostare al confessionale; le regole umane, se valgono più del desiderio si perdono; le nostre rigidità che potrebbero tenere lontano dalla tenerezza di Dio. Non dobbiamo certo sminuire le esigenze del Vangelo, ma non possiamo rischiare di rendere vano il desiderio del peccatore di riconciliarsi con il Padre, perché il ritorno a casa del figlio è ciò che il Padre attende prima di tutto (cfr Lc 15,20-32)”. È veramente pericoloso l'atteggiamento di coloro che “si rifugiano nella propria schiavitù, nella propria rigidità, e non sanno nulla della misericordia di Dio. Coloro di cui parla il Vangelo di Matteo erano dottori, avevano studiato, ma la loro scienza non li ha salvati”. Gesù li spiazza facendo «cose strane» ai loro occhi, come “andare con i peccatori, mangiare con i pubblicani”. E questo ai dottori della legge “non piaceva, era pericoloso; era in pericolo la dottrina, che loro, i teologi, avevano fatto nei secoli”. A tal proposito il Vescovo di Roma ha detto che forse inizialmente si trattava di una legge “fatta per amore, per essere fedeli a Dio”, ma in pratica poi era diventata «un sistema normativo chiuso». Essi “semplicemente avevano dimenticato la storia. Avevano dimenticato che Dio è il Dio della legge”, ma è anche “il Dio delle sorprese”. Solo la tenerezza di Dio è capace di ammorbidire il cuore di pietra di coloro che hanno un pensiero unico e rigido e di riscaldare la freddezza di quella gente che “è chiusa sempre nella legge e condanna tutto quello che è fuori da quella legge”. Il «fenomeno del pensiero unico» alimenta quella rigidità che nel corso della storia dell'umanità ha sempre causato disgrazie; ha ricordato il Pontefice: “Nel secolo scorso abbiamo visto tutti noi le dittature del pensiero unico che hanno finito per uccidere tanta gente. Si sono sentite padrone e non si poteva pensare altrimenti: si pensa così!
Ma anche oggi - ha messo in guardia il Papa - c’è l’idolatria del pensiero unico. Oggi si deve pensare così e se tu non pensi così non sei moderno, non sei aperto. O peggio - ha proseguito - tante volte quando alcuni governanti chiedono un aiuto finanziario si sentono rispondere: «ma se tu vuoi questo aiuto devi pensare così e devi fare questa legge e quell’altra, quell’altra». Dunque, anche oggi c’è la dittatura del pensiero unico e questa dittatura è la stessa di questa gente di cui parla il Vangelo. Il modo di fare è lo stesso. È gente che prende le pietre per lapidare la libertà dei popoli […], la libertà delle coscienze, il rapporto della gente con Dio. E oggi Gesù è crocifisso un’altra volta”.