PER VIVERE BENE CONTA I TUOI GIORNI
Papa
Francesco: «Io non sono il padrone del
tempo;c’è un fatto: io morirò!»
di Antonino Legname
Dobbiamo imparare
a contare i nostri giorni per giungere alla sapienza del cuore - ci insegna la
Bibbia (cfr Salmo 89,12). Ci aiuta a vivere bene il saper guardare la vita dal letto della morte. Nella
Meditazione della Messa a Santa Marta, il 1° febbraio 2018, Papa Francesco ci
ricorda che «noi non siamo né eterni né effimeri: siamo uomini e donne in
cammino nel tempo, tempo che incomincia e tempo che finisce». Il Pontefice
propone tre idee: «la morte è un fatto, la morte è un’eredità e la morte è una
memoria». Se c'è una certezza nella vita è il fatto che bisogna morire. La morte
è un evento universale che prima o poi coinvolge tutti gli esseri viventi. Siamo
in cammino verso la meta che si chiama morte. Da questa consapevolezza
scaturisce l'esigenza di capire qualcosa in più di questo mistero; e la Chiesa da
sempre aiuta gli uomini a riflettere per dare un senso alla morte. Francesco
ricorda che quando era in seminario gli facevano fare «l'esercizio della buona
morte», cioè lo aiutavano a meditare sulla fine della vita e sulla caducità di
tutto ciò che è umano e materiale. Il pensiero della morte serve a ridimensionare
la nostra volontà di potenza: «io non sono il padrone del tempo - ci ricorda il
Papa - c’è un fatto: io morirò. Quando? Dio lo sa». Ma sicuramente «morirò». La
certezza di dover morire non deve farci paura, ma deve responsabilizzarci per
vivere meglio, con sano realismo e senza illusioni. Francesco riferisce che,
quando era bambino, una delle prime cose che ha imparato a leggere, grazie a
sua nonna, era un cartello che lei aveva sotto lo specchio del comodino, e che diceva: «Pensa che morirai e tu non sai quando». In altre parole, come si dice
in latino: «mors certa, hora incerta».
Pensando alla morte è cosa buona domandarsi: «quale eredità lascerò?». Papa
Francesco dice che l'eredità più bella è quella della testimonianza della vita.
Anche se sei stato un grande peccatore, ma sei un «grande pentito», puoi essere
santo. In qualche occasione il Vescovo di Roma ha detto che non c'è Santo che
non abbia un passato di peccato e non c'è peccatore che non abbia un futuro di
santità. Nessuno, infatti, è irrimediabilmente legato al proprio passato di
peccato. Infine, Francesco annota che non servono gli elogi funebri e i panegirici
davanti al morto: «È vero che se noi andiamo ad una veglia funebre, il morto
sempre era santo», tanto che - dice Francesco con una battuta - «ci sono due posti per canonizzare la gente:
piazza San Pietro e le veglie funebri, perché sempre è un santo e perché non ti
minaccia più». Il Papa ha concluso esortando tutti a prepararsi bene alla morte,
proprio perché nessuno di noi resterà sulla terra come una «reliquia».