Papa Francesco: «Quello che ti induce in tentazione è
Satana»
di Antonino Legname
Già Benedetto XVI, nel suo libro Gesù di Nazaret, aveva
scritto: «Dio non ci induce in tentazione […]. La tentazione viene dal diavolo»
[pp. 192-193]. Papa Francesco ribadisce: «Quello che ti induce in tentazione è
Satana». La sesta invocazione del Padre Nostro: «Non ci indurre in tentazione»
non è una buona traduzione in italiano - ha detto Francesco. Centinaia di
milioni di cattolici di lingua spagnola sparsi nel mondo, non da oggi, quando
pregano il “Padre Nostro“, dicono: no nos
dejes caer en tentación, che tradotto in italiano significa: «non lasciarci cadere in tentazione». In
altre parole chiediamo aiuto a Dio per non soccombere di fronte alla
tentazione. Si invoca il Padre affinché non ci abbandoni nella prova della
tentazione. Questa interpretazione, del resto, viene data anche dal Catechismo
della Chiesa Cattolica al paragrafo 2846: «Non lasciarci soccombere alla tentazione». E riprendendo un passo
della Lettera di san Giacomo (1,13), aggiunge: «Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male». Nei
mesi scorsi, all'inizio dell'Avvento, anche la Chiesa Cattolica di Francia ha cambiato la
frase del Padre Nostro: «Non ci indurre in tentazione» è stato tradotto con «Et
ne nous laisse pas entrer en tentation», che in italiano si traduce: «Non lasciarci entrare nella tentazione».
Nella preghiera, spiega Papa Francesco, Dio che ci induce in tentazione «non è
una buona traduzione» e spiega: «sono io a cadere, non è lui che mi butta nella
tentazione per poi vedere come sono caduto. Un padre – sottolinea Bergoglio –
non fa questo, un padre aiuta ad alzarsi subito». «Quello che ti induce in
tentazione – chiarisce il Papa – è Satana, quello è l’ufficio di Satana». In
realtà, non dobbiamo dimenticare che già la Conferenza Episcopale Italiana,
nella nuova traduzione della Bibbia, ufficializzata nel 2008, aveva modificato
questo passaggio del Padre Nostro con la traduzione: «Non abbandonarci
alla tentazione», una formula ritenuta più confacente con «l’azione
globale di Dio nei confronti dell’uomo». Dunque, non è Dio a tentare, ma Satana
attraverso la «mano libera» che il creatore gli concede. Benedetto XVI, nel suo libro "Gesù di Nazaret",
ha dato questa interpretazione esegetica della frase in questione: «Con essa
diciamo a Dio: So che ho bisogno di prove affinché la mia natura si
purifichi. Se tu decidi di sottopormi a queste prove, se – come nel caso di
Giobbe – dai un po’ di mano libera al Maligno, allora pensa, per favore, alla
misura limitata delle mie forze. Non credermi troppo capace. Non tracciare ampi
i confini entro i quali posso essere tentato, e siimi vicino con la tua mano
protettrice quando la prova diventa troppo ardua per me» [p. 195]. Comunque,
si aspetta il via dei Vescovi italiani per cominciare ad usare, anche nei libri liturgici tradotti nella nostra lingua, la sesta invocazione del Padre Nostro, già contenuta - come ho detto - nella
nuova traduzione della Bibbia CEI del 2008: «Non abbandonarci alla tentazione».