LA
CURIA: ANTENNA PER TRASMETTERE E PER RICEVERE
Papa
Francesco: No alla «logica dei complotti»
e a quella delle «piccole cerchie»
di Antonino
Legname
«Che questo Natale ci apra gli occhi per abbandonare il
superfluo, il falso, il malizioso e il finto, e per vedere l’essenziale, il
vero, il buono e l’autentico». Con queste parole, Papa Francesco si è rivolto
alla Curia Romana per gli auguri natalizi, il 21 dicembre 2017. Il Pontefice
quest'anno ha voluto condividere alcune riflessioni sul rapporto della Curia
con la realtà ad extra: «con le Nazioni, con le Chiese particolari, con le
Chiese Orientali, con il dialogo ecumenico, con l’ebraismo, con l’Islam e le
altre religioni, cioè con il mondo esterno». Francesco non fa mistero nel dire
che la riforma della Curia a Roma non è una facile impresa: «è come pulire la
Sfinge d’Egitto con uno spazzolino da denti». Nel suo lungo e articolato
discorso il Pontefice ha detto che coloro che operano, a vario titolo,
nell'ambito della Curia Romana devono avere un atteggiamento diaconale, di
servizio alle Chiese. Se il Papa ha un «primato diaconale», anche la Curia deve
caratterizzarsi come diaconia, cioè come servizio al popolo santo di Dio. Il
Papa ha usato l'immagine dei sensi del corpo umano, per fare comprendere che la
Curia deve essere l'orecchio, l'udito e gli occhi del Vescovo di Roma e,
pertanto, deve fare da ponte con il mondo esterno e deve avere un forte riferimento
alla realtà . Ed è «la comunione con Pietro che rafforza e rinvigorisce la
comunione tra tutti i membri». Francesco usa parole molto forti per denunciare
la «logica dei complotti» o quella delle «piccole cerchie», che si infiltra
come un cancro anche all'interno degli organismi ecclesiastici. E i toni del
Pontefice sono ancora più duri quando parla del pericolo dei «traditori di
fiducia». Chi sono? Francesco spiega: «sono gli approfittatori della maternità
della Chiesa, ossia le persone che vengono selezionate accuratamente per dare
maggior vigore al corpo e alla riforma, ma – non comprendendo
l’elevatezza della loro responsabilità – si lasciano corrompere
dall’ambizione o dalla vanagloria e, quando vengono delicatamente allontanate,
si auto-dichiarano erroneamente martiri del sistema, del “Papa non informato”,
della “vecchia guardia”…, invece di recitare il “mea culpa”». Queste
parole non hanno bisogno di commento. Sono molto severe e puntuali. E chi ha
orecchi per intendere intenda! Accanto alle persone che sono state allontanate
ce ne sono altre - dice il Papa - che ancora operano nella Curia «alle quali si
dà tutto il tempo per riprendere la giusta via, nella speranza che trovino
nella pazienza della Chiesa un’opportunità per convertirsi e non per
approfittarsene». Ovviamente non si può fare di tutta l'erba un fascio. Nella Curia Romana ci sono tantissime persone, «la stragrande maggioranza - dice Francesco - fedeli
che vi lavorano con lodevole impegno, fedeltà, competenza, dedizione e anche
tanta santità». La Curia deve avere nella Chiesa universale la funzione di
antenna, non solo per trasmettere fedelmente la volontà del Papa, ma anche per
ricevere «le istanze, le domande, le richieste, le grida, le gioie e le lacrime
delle Chiese e del mondo in modo da trasmetterle al Vescovo di Roma», affinché
possa svolgere la sua missione di «principio e fondamento perpetuo e visibile
dell’unità di fede e di comunione». Papa Francesco ci tiene a precisare che «la
Curia romana ha come suo punto di riferimento non soltanto il Vescovo di Roma,
da cui attinge autorità, ma pure le Chiese particolari e i loro Pastori nel
mondo intero, per il cui bene opera e agisce». E a proposito della periodica visita
dei Vescovi a Roma, cosiddetta ad limina
apostolorum, Francesco ha detto chiaramente che non deve essere circoscritta
ai soli incontri protocollari, ma deve essere un'occasione di dialogo fraterno con il
Vescovo di Roma e anche con i Capi dei diversi Dicasteri della Curia. Ed è
molto bella la conclusione del Discorso di Francesco a proposito della fede: «una
fede soltanto intellettuale o tiepida - ha detto - è solo una proposta di fede,
che potrebbe realizzarsi quando arriverà a coinvolgere il cuore, l’anima, lo
spirito e tutto il nostro essere, quando si permette a Dio di nascere e
rinascere nella mangiatoia del cuore, quando permettiamo alla stella di
Betlemme di guidarci verso il luogo dove giace il Figlio di Dio, non tra i re e
il lusso, ma tra i poveri e gli umili».