IL
PREMIO NOBEL DELLE LAMENTELE
Francesco: «Non cercate la mosca nel latte»
di Antonino Legname
«La nostra
preferenza è per il risentimento, il rancore», e noi «cuciniamo i nostri
sentimenti in quel brodo del risentimento». Sono le parole che Papa Francesco
ha detto durante la Meditazione della Messa nella Casa di Santa Marta, l'11
dicembre 2017. Purtroppo, il cuore dell'uomo a volte diventa amaro. Le
contrarietà della vita, le delusioni, i tradimenti provocano amarezza fino al
punto da far dire: «il mio tesoro è la mia amarezza: lì sono io, con la mia
amarezza». Ci sono persone che sono portate a focalizzare sempre l'aspetto
negativo della vita. Il Pontefice annota: «noi nel negativo siamo padroni,
perché abbiamo la ferita dentro, del negativo, del peccato; invece nel positivo
siamo mendicanti e non ci piace mendicare, mendicare la consolazione».
Francesco coglie l'occasione delle letture della messa del giorno per lanciare
il grido di speranza: «il Signore è venuto a consolarci». Purtroppo, capita che
«tante volte, la consolazione del Signore ci sembra una meraviglia, qualcosa di
non reale», una mera illusione. E il Papa ammette che tante volte «non è facile
lasciarsi consolare; è più facile consolare gli altri che lasciarsi consolare».
Penso che tutti, più o meno, abbiamo fatto l'esperienza di consolare qualcuno e
di non riuscire ad accettare la consolazione che ci veniva dagli altri. Perché?
Francesco spiega: «tante volte, noi siamo attaccati al negativo, siamo
attaccati alla ferita del peccato dentro di noi e, tante volte, c’è la
preferenza di rimanere lì, da solo». Non si può essere sordi alla parola di
Gesù che continua a risuonare nell'oggi della nostra storia: «alzati» e non
stare a fissare il tuo passato negativo di peccato. Non concentrarti solo sul
negativo perdendo di vista le tante possibilità di bene che ci sono in te.
Impara a pensare in positivo. E non permettere che il tuo cuore sguazzi
nell'amarezza. Non rassegnarti quando gli eventi sgradevoli della vita ti
lasciano l'amaro in bocca. Non dire mai: «No, no, non disturbare, lasciami qui.
Sconfitto». Francesco esorta a non lasciarsi accompagnare nella vita dalla «musica
delle lamentele». A volte qualcuno arriva a diventare un professionista della
lamentela, tanto da poter essere insignito del «premio Nobel delle lamentele».
Ovviamente, la persona che per carattere è lamentosa diventa insopportabile
perché fa respirare agli altri l'aria viziata delle lamentele. Papa Francesco,
per fare capire meglio la negatività della lamentela, racconta di un sacerdote
da lui conosciuto: «un buon sacerdote, bravo, bravo, ma era il pessimismo
incarnato e sempre si lamentava di tutto, aveva proprio la qualità di “trovare
la mosca nel latte”. Si trattava, ha continuato, di un bravo sacerdote, di cui
si diceva fosse «tanto misericordioso nel confessionale». Ma aveva questo
difetto di lamentarsi sempre, tanto che i suoi compagni di presbiterio
scherzavano dicendo che quando al momento della sua morte «sarebbe andato in
cielo», la prima cosa che avrebbe detto a San Pietro, «invece di salutarlo»,
sarebbe stata: «Dov’è l’inferno?». E addirittura che una volta visto l’inferno,
avrebbe chiesto a san Pietro: “Ma quanti condannati ci sono?” - “Soltanto uno”
— “Ah, che disastro la redenzione...”». No, - ha concluso il Pontefice - non si
può vivere solo di lamenti, solo vedendo il negativo. E di fronte «all’amarezza,
al rancore, alle lamentele», continua a risuonare la parola della Chiesa di
oggi: «coraggio … Non temete; ecco il vostro Dio … viene a salvarvi». Francesco
assicura: «Sarà lui a consolarti. Fidati di lui».