PER VINCERE LA
PAURA DELLA MORTE
Papa Francesco: “Siamo tutti piccoli e indifesi
davanti al mistero della morte”
di Antonino Legname
«La morte mette a
nudo la nostra vita. Ci fa scoprire che i nostri atti di orgoglio, di ira e di
odio erano vanità: pura vanità. Ci accorgiamo con rammarico di non aver amato
abbastanza e di non aver cercato ciò che era essenziale». Nella Catechesi dell'Udienza
Generale di Mercoledì 18 settembre 2017, Papa Francesco ha voluto «mettere a
confronto la speranza cristiana con la realtà della morte, una realtà che la
nostra civiltà moderna tende sempre più a cancellare». Da che mondo è mondo
l'uomo ha sempre cercato di dare delle risposte, più o meno convincenti, alle
inquietanti domande esistenziali, anche per tentare di trovare un senso all'esperienza
naturale della morte, che coinvolge, prima o poi, tutti gli esseri viventi. Nelle
varie civiltà la paura della morte è stata esorcizzata in tanti modi, ma il
mistero rimane. «Civiltà prima della nostra - ha ricordato il Papa - hanno
avuto il coraggio di guardarla in faccia». Studiando la storia delle civiltà
antiche abbiamo imparato che «i primi segni di civilizzazione umana sono
transitati proprio attraverso questo enigma. Potremmo dire che l’uomo è nato
con il culto dei morti». Ma come prepararsi alla morte? Il Pontefice evidenzia
che, purtroppo, “quando la morte arriva, per chi ci sta vicino o per noi
stessi, ci troviamo impreparati, privi anche di un “alfabeto” adatto per
abbozzare parole di senso intorno al suo mistero». È troppo evidente la
caducità e la precarietà della vita su questa terra. I giorni, i mesi e gli
anni scorrono inesorabilmente, sono come un soffio. Papa Francesco ricorda il
salmo 90 che recita: «Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un
cuore saggio» (v. 12)».
Contare i giorni che passano, cioè cominciare a fare il
conto alla rovescia, non significa vivere nell'angoscia e nella paura l'attesa della
nostra futura morte, ma ci aiuta a vivere con più responsabilità ogni istante
della nostra vita e a relativizzare tante cose umane e materiali che spesso
consideriamo come degli assoluti. Ricordiamoci che «passa la scena di questo
mondo». La fede è una grande luce che illumina il mistero della morte. «Abbi
fede», continua a dire Gesù a coloro che sono provati dalla sofferenza o dalla
morte delle persone care. «Piangi», ma non perdere la speranza! Dai Vangeli
sappiamo che Gesù, di fronte alla morte dell'amico Lazzaro, «scoppiò in
pianto». Ma la sua presenza riaccese la fiamma della speranza nel cuore di
coloro che piangevano per la morte della persona cara: «Io sono la risurrezione
e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me,
non morirà in eterno. Credi tu questo?» (Gv 11,25-26).
Queste parole di
Gesù, cariche di speranza, risuonano ancora oggi per «ognuno di noi, ogni volta
che la morte viene a strappare il tessuto della vita e degli affetti. Tutta la
nostra esistenza si gioca qui, tra il versante della fede e il precipizio della
paura”. E quando ci sentiamo grandi e confidiamo troppo nella sicurezza dei beni
materiali, che sono a nostra disposizione, il Pontefice, ci ricorda che siamo
tutti piccoli e indifesi davanti al mistero della morte». Quando le cose effimere
di questo mondo vengono viste dal letto della morte ci appaiono relativizzate. E
quando non riusciamo a vivere con sereno distacco dalle cose umane il nostro
pellegrinaggio terreno, chiudiamo gli occhi - consiglia Francesco - e pensiamo
al momento della nostra morte: «ognuno si immagini quel momento che avverrà,
quando Gesù ci prenderà per mano e ci dirà: “Vieni, vieni con me, alzati”. Lì
finirà la speranza e sarà la realtà, la realtà della vita».