L'ANIMA SPOGLIA DEI «GIOVANI D'AUTUNNO»
Francesco: «L'accidia
erode la vita dall'interno fino a lasciarla come un involucro vuoto»
di Antonino Legname
Durante
la Catechesi del Mercoledì, 27 settembre 2017, in Piazza San Pietro, Papa
Francesco ha parlato dei «nemici della speranza». Il Pontefice ha portato l'esempio - tratto
dalla mitologia - del vaso di Pandora: «l’apertura del vaso scatena tante
sciagure per la storia del mondo. Pochi, però, ricordano l’ultima parte della
storia, che apre uno spiraglio di luce: dopo che tutti i mali sono usciti dalla
bocca del vaso, un minuscolo dono sembra prendersi la rivincita davanti a tutto
quel male che dilaga. Pandora, la donna che aveva in custodia il vaso, lo
scorge per ultimo: i greci la chiamano elpìs, che vuol dire speranza».
Non bisogna mai perdere la speranza, che è un dono importante per l'umanità, e
- come dice Francesco - «Non è vero che “finché c’è vita c’è speranza”, come si
usa dire. Semmai è il contrario, e cioè: finché
c'è speranza c'è vita. Il Pontefice spiega che «è la speranza che tiene in
piedi la vita, che la protegge, la custodisce e la fa crescere. Se gli uomini
non avessero coltivato la speranza, se non si fossero sorretti a questa virtù,
non sarebbero mai usciti dalle caverne, e non avrebbero lasciato traccia nella
storia del mondo. È quanto di più divino possa esistere nel cuore dell’uomo».
Come diceva poeticamente lo scrittore francese Charles Péguy - citato da
Francesco - «Dio non si stupisce tanto per la fede degli esseri umani, e
nemmeno per la loro carità; ma ciò che veramente lo riempie di meraviglia e
commozione è la speranza della gente». La speranza spinge a guardare avanti, a
credere che domani andrà meglio. Chi possiede la virtù della speranza, non si
perde d'animo, ha fiducia nel futuro, e sa lottare per superare i momenti
difficili della vita. Per l'uomo di speranza non esiste la parola impossibile!
E ricordando il dramma dei migranti e dei rifugiati, papa
Francesco, ha sottolineato che queste persone partono, lasciando tutto alle
spalle, spinti dalla speranza nel cuore di trovare «una vita migliore, più
degna per sé e per i propri cari». Ma anche nel cuore di chi accoglie deve
esserci questa spinta della speranza, cioè «il desiderio di incontrare, di conoscere,
di dialogare», in un certo senso di “condividere il viaggio”, perché - come ha
spiegato il Papa - «il viaggio si fa in
due: quelli che vengono nella nostra terra, e noi che andiamo verso il loro
cuore, per capirli, per capire la loro cultura, la loro lingua». Sappiamo bene
che oggi non è facile entrare in quest'ottica dell'accoglienza e della
condivisione della speranza, a causa della paura fomentata dai populismi
nazionalistici. Francesco insiste nel dire che ci vuole coraggio per realizzare
nel mondo d'oggi globalizzato la «rivoluzione della bontà» in vista di una
nuova civiltà dell'amore. E paradossalmente realistico è Francesco quando dice
che «a volte aver avuto tutto dalla vita è una sfortuna». Ci sono giovani che non
sono stati educati nella virtù della pazienza e non sanno aspettare. Vogliono tutto
e subito, possibilmente senza fatica e senza sudore. Quanti giovani d'oggi
hanno «bruciato le tappe» e hanno avuto così tanto dalla vita da non desiderare
più nulla. «È questa, la peggiore condanna - ha detto Francesco - Chiudere la
porta ai desideri, ai sogni. Sembra un giovane, invece è già calato l’autunno
sul suo cuore. Sono i giovani d’autunno», che vivono senza entusiasmo, senza
sogni, con l'anima vuota. Questo d'animo, che si impadronisce dei giovani
d'oggi, porta all'accidia «che erode
la vita dall'interno fino a lasciarla come un involucro vuoto», come una cipolla, un insieme di strati
sovrapposti senza nocciolo. Non dovremmo mai dimenticare che «Dio ci ha creati
per la gioia e per la felicità, e non per crogiolarci in pensieri malinconici.
Ecco perché è importante custodire il proprio cuore, opponendoci alle
tentazioni di infelicità, che sicuramente non provengono da Dio. E laddove le
nostre forze apparissero fiacche e la battaglia contro l’angoscia particolarmente
dura, possiamo sempre ricorrere al nome di Gesù» e invocarlo con quella
preghiera carica di speranza: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio vivo, abbi
pietà di me peccatore!”. E Francesco conclude con questa verità: «Se Dio è con
noi, nessuno ci ruberà la speranza».