RICONOSCERE LA PROPRIA VULNERABILITA'
Francesco: «Siamo fragili come un vaso
di creta»
di Antonino Legname
Anche un vaso di creta,
fatto di materiale fragile, può contenere un tesoro. Noi tutti, esseri umani,
siamo deboli e peccatori, ma possiamo contenere «il tesoro più grande: la
potenza di Dio che ci salva». Lo ha ricordato papa Francesco durante l'Omelia a
Santa Marta, il 16 giugno 2017. Dobbiamo essere consapevoli che nella nostra
debolezza di creature si manifesta la «straordinaria potenza di Dio». San Paolo
era convinto di questo: «quando sono debole è allora che sono forte» - scrive
nella Seconda Lettera ai Corinzi (12,10). È la forza che viene dall'Alto ed è
capace di salvare, di guarire, di mettere in piedi noi che siamo creta. Questa
verità - ha detto Francesco - «è come un leitmotiv
nelle lettere di Paolo»: quando egli soffre e si lamenta con il Signore chiedendo
di essere liberato dagli attacchi del maligno, riceve una sola risposta: «Ti
basta la mia grazia». Per far lavorare la potenza di Dio in noi è necessario
anzitutto «riconoscere la propria vulnerabilità». E questo non è facile,
proprio perché c'è sempre la tendenza a camuffare la propria vulnerabilità, a
truccarla e a dissimularla vergognosamente e ipocritamente. E c'è anche
l'ipocrisia verso se stessi quando uno crede di essere qualcosa di diverso da
quello che è realmente, specialmente quando pensa di non essere fragile come il
vaso di creta e fa affidamento solo in se stesso e nel suo personale tesoro.
Questo - ha avvertito il Papa - «è il cammino, è la strada verso la vanità, la
superbia, l’autoreferenzialità di quelli che non sentendosi creta, cercano la
salvezza, la pienezza da se stessi». Invece, coloro che hanno coscienza della
propria fragilità si affidano al Signore e non disperano di fronte alle
difficoltà e alle prove della vita: «siamo perseguitati, ma non abbandonati;
colpiti, ma non uccisi». In pratica cosa significa riconoscersi vasi di creta?
Francesco fa l'esempio della Confessione: «quando andiamo a confessarci» e
magari riconosciamo: “sì, ho fatto questo, ho pensato questo”. Si fa un elenco
di peccati «come se fossero una lista di prezzi al mercato: ho fatto questo,
questo, questo». Ma la vera domanda da porsi - dice il Papa - è: «Tu hai
coscienza di questa creta, di questa debolezza, di questa tua vulnerabilità?». Non
basta dire di essere peccatore, occorre avere la coscienza della propria
debolezza e della propria fragilità ed essere consapevoli che solo la potenza
di Dio ci salva e ci fa andare avanti. Pertanto, è sbagliato credere che «la
confessione sia imbiancare un po’ la creta … No!». Ci vuole il dono della “vergogna”
«che allarga il cuore perché entri la potenza di Dio, la forza di Dio». E «se
noi arriviamo a questo punto, saremo molti felici».