Ubi Petrus, ibi Ecclesia: "Dove c'è Pietro, lì c'è la Chiesa" (Sant'Ambrogio, Explanatio Psalmi XL, 30, 5)

mercoledì 5 aprile 2017

PAPA FRANCESCO E ADOLFO NICOLAS


Le conversazioni di Papa Francesco

 con Adolfo Nicolás
 già Superiore generale della Compagnia di Gesù 
  «Mi criticano, anzitutto perché non parlo sufficientemente come Pontefice e poi perché non agisco come un Re»

di Antonino Legname
 



Adolfo Nicolás Pachón è gesuita spagnolo ed è stato Preposito Generale della Compagnia di Gesù dal 2008 al 2016. Recentemente, sul numero di aprile 2017 della rivista spagnola Mensajero ha pubblicato i suoi ricordi in merito agli incontri avuti con Papa Francesco. Per evitare di sbagliare la cronologia degli eventi, P. Nicolás, il quale è oggi ottantenne, ha preferito fare una narrazione tematica per dare un certo ordine alle sue memorie, ed ha avvertito il lettore che se nota qualche imprecisione, sarebbe prudente prima verificare e poi perdonare. Egli descrive Papa Francesco come «un uomo vicino, sincero, per il quale il Vangelo e non la norma deve essere l'ultima parola». E aggiunge che Francesco è un uomo estremamente ben informato su ciò che gli altri pensano di lui, sia in bene che in male, e conosce perfettamente coloro che lo criticano, senza per questo mostrare risentimento. Ricorda che nei colloqui avuti con il Papa, la risposta di Francesco era puntuale, sempre evangelica e con un pizzico di umorismo. P. Nicolás scrive che in un'occasione il Papa gli disse: «Mi criticano, anzitutto perché non parlo sufficientemente come Pontefice e poi perché non agisco come un Re»; ma al Papa gesuita entrambe le critiche non interessano minimamente - riferisce P. Nicolás. Non c'è dubbio che, nello stesso tempo, la risposta popolare è stata straordinaria in tutti i continenti. L'ex Superiore dei Gesuiti riferisce che, in occasione di una riunione, un laico gli disse: «Se ha l'opportunità dica grazie al Papa che ci ha riportato alla Chiesa, che noi credevamo stesse per calare a picco». Quando P. Nicolás vide che il cardinale Tauran annunciava «Habemus Papam» e sentì il nome di Jorge Mario, percepì che si stava entrando in un periodo di incertezza. Ma questa sensazione durò poco - confida - perché il nuovo Papa chiamò al telefono la Curia generalizia dei Gesuiti, perché voleva parlare con il Preposito: «Sono Papa Francesco e desidero parlare con il Generale». «Se tu sei il papa, io sono Napoleone, pensò il ragazzo addetto alla portineria». «Come ti chiami?» - gli domandò Francesco. «Andrea!». «E come stai, Andrea?». «Un poco confuso». Francesco parlò con P. Nicolás, il quale gli espresse tra l'altro il desiderio di poterlo incontrare, come è consuetudine che faccia il Generale alla presenza del Papa anche per rinnovare i voti di obbedienza e di collaborazione al Romano Pontefice. Francesco gli disse: «Sì, sì, però questo pomeriggio non posso perché devo andare dal dentista. Ti chiamerò io». P. Nicolás confida di aver ringraziato in cuor suo il dentista, perché non si sentiva preparato ad incontrare quel giorno stesso il Papa. Era un Venerdì. Il Papa lo chiamò la Domenica seguente e la cosa interessante fu che Francesco gli disse: «Vieni a Santa Marta, perché domani devo trasferirmi al Palazzo apostolico e qui ho più libertà». Questo significa che la decisione di restare nella Casa di Santa Marta il Papa l'ha presa all'ultima ora. In una delle conversazioni, mentre si parlava di P. Lorenzo Ricci, Superiore Generale al tempo della soppressione della Compagnia di Gesù, Papa Francesco disse: «il Padre L. Ricci ha dovuto soffrire molto»; e P. Nicolás commentò: «anche Arrupe ha sofferto molto, e neppure Kolvenbach fu risparmiato dalle sofferenze». E aggiunse: «però, io, fino a quando tu sei Papa, sono più facilitato». Francesco, sorrise per quella battuta del Superiore. E parlando della vita religiosa, la percezione è stata che Francesco, anche per esperienza personale, la conosce dal di dentro; sa delle glorie e anche delle debolezze della Vita Religiosa, conosce i peccati e i difetti più frequenti dei Religiosi.  P. Nicolás riferisce che «Papa Francesco è convinto che ciò di cui il mondo d'oggi ha bisogno è più Saggezza, meno dogma e più senso, in generale, per vivere e sperare». 



E in riferimento alla riforma della Curia, Francesco gli ha detto che desidera attuarla e vuole farlo nella maniera più evangelica di cui è capace. I discorsi alla Curia, in occasione degli auguri natalizi, sono una chiamata di tutti a vivere di più secondo il Vangelo. La riforma della Curia ha a che vedere con la credibilità e la missionarietà della Chiesa. Non c'è dubbio che la dimensione missionaria nella evangelizzazione è estremamente importante per Papa Francesco. È risaputo che Bergoglio desiderava andare come missionario in Giappone. Non sappiamo e non possiamo immaginare come avrebbe evangelizzato Padre Bergoglio. Egli avrebbe anzitutto compreso che «non si può evangelizzare il Giappone senza creare alleanze con i buddisti e gli shintoisti giapponesi. I primi cristiani cercarono profondamente le radici del cristianesimo nella poesia e nella filosofia pagana del tempo, cosa che non abbiamo fatto con lo stesso zelo in Giappone» - lamenta P. Nicolás. E parlando  del sacerdozio nella Chiesa, l'ex Preposito dei gesuiti annota che per Papa Francesco il sacerdote è fondamentalmente «per gli altri». Non è uno che fa parte di una casta privilegiata, ma è un uomo la cui preoccupazione centrale è la sofferenza degli «altri» e come diminuirla o eliminarla. Inoltre, il sacerdote deve «odorare di pecora», nel senso che deve stare a contatto con la vita umana, con tutto quello che la gente pensa e vive. Inoltre, il sacerdozio non è una fonte di benefici economici, né un titolo di gloria. Il sacerdote ha una incidenza sociale, non tra i «signori» («non importa quanti titoli accademici possiede»), ma tra coloro che servono. Il sacerdozio non è una «carriera», sebbene richieda molto studio e in alcune parti del mondo si concludono gli studi con uno o due titoli accademici. Nel servire i poveri non c'è bisogno di carriera e non c'è competizione. Esula dal sacerdozio «la competizione, il prestigio, il profitto, il privilegio, la vendetta, ecc.». E termini, come «sofferenza, crisi, malattia e debolezza sono altrettante sfide per fare qualcosa che possa alleggerirle».

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