LA CHIESA
«CASA DELL'ARMONIA»
" L'originalità cristiana non è
uniformità"
(Seconda parte)
di Antonino Legname
In tante occasioni Papa Francesco ha detto che l'unità non deve trasformarsi in uniformità, ma in <armonia>. Sappiamo che non è sempre facile armonizzare le diverse voci di un coro, o
accordare i diversi strumenti musicali, senza un bravo direttore d'orchestra.
Lo Spirito Santo è Colui che armonizza la diversità, la pluralità, la
molteplicità dei carismi e dei doni che ci sono nella Chiesa. Lo Spirito Santo
è il motore dell’unità della Chiesa – ha detto il Papa - “la
nostra unità non è primariamente frutto del nostro consenso, o della democrazia
dentro la Chiesa, o del nostro sforzo di andare d’accordo, ma viene da Lui che
fa l’unità nella diversità, perché lo Spirito Santo è armonia, sempre fa
l'armonia nella Chiesa”[1]. La Chiesa Cattolica deve essere la
“Casa dell’armonia”, “dove unità e diversità sanno coniugarsi insieme
per essere ricchezza”[2]. Così come in una sinfonia si accordano e si
armonizzano diversi strumenti musicali che suonano insieme in armonia, senza
perdere la loro peculiare caratteristica e il loro timbro, grazie alla bravura
del direttore d’orchestra, così anche nella Chiesa, è lo Spirito Santo che
dirige ed armonizza la varietà dei diversi carismi; “non siamo tutti uguali e
non dobbiamo essere tutti uguali - ha spiegato il Papa - Tutti siamo diversi,
differenti, ognuno con le proprie qualità. E questo è il bello della Chiesa:
ognuno porta il suo, quello che Dio gli ha dato, per arricchire gli altri”[3] ed esorta a vivere in armonia nella comunità
cristiana, cercando di evitare le chiacchiere che fanno litigare e dividono. “Accettiamo
l’altro, accettiamo che vi sia una giusta varietà, che questo sia differente,
che questo la pensa in un modo o nell’altro – ma nella stessa fede si può
pensare diversamente – o tendiamo ad uniformare tutto? Ma l'uniformità uccide
la vita. La vita della Chiesa è varietà, e quando vogliamo mettere questa
uniformità su tutti uccidiamo i doni dello Spirito Santo”[4].
Per far agire lo Spirito Santo occorre evitare due rischi: da
una parte la chiusura nei particolarismi e negli esclusivismi di gruppo, che
portano alla divisione; e dall'altra parte la pretesa di costruire l'unità
secondo progetti e calcoli umani, cosa che porta all'uniformità e
all'omologazione. “L'originalità cristiana – ha detto Papa Francesco – non è
uniformità. Prende ciascuno com'è, con la sua personalità, con le sue
caratteristiche, con la sua cultura e lo lascia con quello, perché è una
ricchezza”[5]. Oggi c'è la tendenza a voler
uniformare la pastorale a livello diocesano e parrocchiale, a voler trasformare
le parrocchie in fotocopie, mortificando la creatività e l'originalità dei
pastori e dei laici. Quando nella Chiesa
si vuole fare uniformità – ha detto il Papa – si fa lo stesso errore di quella
donna che per salare tutte le pietanze allo stesso modo, “butta troppo sale e
si sente soltanto il gusto del sale e non il gusto di quel pasto saporito con
il sale”[6].
Ogni pietanza è gustosa quando non si sente il sapore del sale, perché viene
condita con una quantità diversa e appropriata di sale. Mettere la stessa
quantità di sale, in maniera indiscriminata, in tutte le pietanze rischia di
guastare il cibo e di renderlo disgustoso: “quando il sale si usa bene, non si
sente il gusto del sale, il sapore del sale … Non si sente! Si sente il sapore
di ogni pasto: il sale aiuta che il sapore di quel pasto sia più buono, sia più
conservato ma più buono, più saporito. Questa è la originalità cristiana!”[7].
Nella pastorale della Chiesa dovrebbe essere rispettato di più il principio
della “fedeltà creativa” ed evitare da una parte l’appiattimento della vita
pastorale e dall'altra l'arbitrarietà pastorale che mette a rischio l'unità e
la comunione ecclesiale. Ma la comunione ecclesiale non si realizza con
l'uniformità livellante delle idee e delle esperienze pastorali. Occorre fare unità nella diversità e non
favorire la “pastorale delle fotocopie”. “La Chiesa non è mai uniformità, ma
diversità che si armonizzano nell’unità e questo vale in ogni realtà
ecclesiale”[8]. E
coniando un neologismo, Papa Francesco ha detto che nella Chiesa non si deve
essere “uniformisti”, cioè non si può pretendere di “uniformare tutto, per
essere tutti uguali”; l’uniformità va di pari passo con la rigidità e quando
l’atteggiamento diventa rigido allontana dalla Chiesa. Grazie a Dio, dice Francesco, non siamo tutti uguali, “altrimenti sarebbe un inferno”[9].
A volte, purtroppo, invece
di favorire il decentramento pastorale, nel rispetto del principio di
sussidiarietà, si preferisce l'accentramento, attraverso l'omologazione di
tutte le esperienze pastorali. Non è sempre un bene nella Chiesa, sia livello locale che
universale, voler pianificare e programmare tutto attraverso una quantità
incalcolabile di documenti dottrinali e normativi così da non lasciare spazio
alla libertà responsabile e creativa degli operatori pastorali. E anche il ruolo dei vescovi, a volte, si
riduce a quello di sorveglianti e garanti del rispetto degli Orientamenti delle
Conferenze Episcopali. Papa Bergoglio ritiene che la missione del vescovo non
debba essere solo quella del “vigilare” e del “controllare”, fare da
“sentinella” per dare l'allarme quando avverte un pericolo imminente; il
vescovo deve saper “vegliare”; questo atteggiamento del vescovo che “veglia” –
spiega Bergoglio – richiede spirito di sopportazione, di mansuetudine, di pazienza e di carità. Chi veglia è sostenuto
dalla speranza del Padre misericordioso che lascia al figlio la libertà di fare
il proprio cammino, anche se sbagliato, ed è sempre pronto a fare Festa e
abbracciare il figlio quando decide di tornare a casa[10].
La Chiesa, “Popolo di
Dio”, non si identifica con la gerarchia ecclesiastica. In linea di principio
tutti accettano questa definizione di Chiesa, insegnata dal Concilio Vaticano
II, ma in pratica, nelle Comunità cristiane, c'è sempre la tendenza ad organizzare e a programare in modo tale
che tutto ruoti attorno al clero. I fedeli laici-cristiani, ancora oggi, hanno
praticamente un ruolo molto marginale e ausiliare nella pastorale. Sappiamo che
in tanti campi della pastorale, i laici hanno e potrebbero avere competenze
specifiche e potrebbero occupare spazi e ruoli di responsabilità che oggi sono
ancora occupati da preti o da vescovi. Quando un prete e un vescovo svolgono
ruoli e compiti non propri e che potrebbero essere svolti, anche meglio, dai
laici cristiani, si caricano di pesi e di responsabilità che esulano dalla loro
specifica e peculiare missione di evangelizzazione. In ogni caso è chiaro il monito
di Papa Francesco: per evitare il conflitto tra le tante e diverse realtà
ecclesiali è indispensabile camminare insieme, “guidati dai Pastori”, che hanno
lo speciale carisma e ministero di promuovere e garantire l'ecclesialità di
ogni singolo cristiano, e di ogni comunità o movimento, perché viva e operi nella
Chiesa e con la Chiesa. Non sono ammessi cammini paralleli su strade pericolose
e avventurose che portano a sfasare la sana Dottrina e a rinnegare la guida del
Magistero della Chiesa[11].
[1] Papa Francesco, Udienza Generale in Piazza San Pietro, 25 settembre 2013.
[2] Ibidem, 9 ottobre 2013.
[3] Ibidem.
[4] Ibidem.
[5] Papa Francesco, Omelia della Messa nella Cappella della Casa di Santa Marta in
Vaticano, 23 maggio 2013.
[6] Ibidem.
[7] Ibidem.
[8] Papa Francesco, Discorso all’Episcopato brasiliano, nell’arcivescovado di Rio de
Janeiro, 27 luglio 2013.
[9] Papa Francesco, Omelia della Messa nella Cappella della Casa di Santa Marta in
Vaticano, 5 giugno 2014.
[10] Papa Francesco - Jorge Mario Bergoglio, In
Lui solo la speranza, Jaca Book, Milano 2013, pp. 34-35.
[11] Cfr. Papa Francesco, Omelia della Messa di Pentecoste, 19 maggio
2013.